“Ero con loro cinque minuti prima che venissero uccisi”. Ad affermarlo è il collaboratore di giustizia Celestino Abbruzzese alias “Micetto”, figlio del boss della criminalità nomade cosentina Fioravante Abbruzzese. Condannato con sentenza definitiva a 13 anni e 4 mesi di reclusione, prima di ‘pentirsi’ era considerato elemento di spicco dell’organizzazione che in città e nella Sibaritide aveva il predominio dello spaccio di eroina.
Oggi presso la Corte di Assise di Cosenza, riporta l’Adnkronos, è stato escusso nel corso del processo che intende far luce sul duplice omicidio di Aldo Benito Chiodo e Franco Tucci, trucidati a colpi di kalashnikov il 9 novembre del 2000 tra i popolosi quartieri di via Popilia. Imputati nel processo Antonio Abbruzzese, Fiore Abbruzzese, Luigi Berlingieri, Celestino Bevilacqua e Saverio Madio accusati di aver agito insieme a Francesco Bevilacqua, meglio noto come Franchino di Mafalda, allora capo indiscusso del clan degli Zingari, ma che da anni collabora con la giustizia.
Innanzi al collegio giudicante presieduto da Paola Lucente con a latere il giudice Giovanni Garofalo, il collaboratore Celestino Abbruzzese ha ricostruito i concitati momenti in cui si consumò l’agguato. “Eravamo insieme ad Aldo e Franco sul marciapiede, – ha raccontato – poi ho fatto il giro del palazzo, ho sentito la raffica dei colpi. Mi sono affacciato e ho visto una macchina che andava via ad alta velocità con delle persone a bordo con il volto travisato. Dopo qualche giorno, mentre mi trovavo all’ultimo lotto di via Popilia in un cortile delle palazzine dove ero solito trascorrere il tempo, ho sentito Fiore Abbruzzese, Luigi Berlingieri e Celestino Bevilacqua che parlavano del delitto che avevano compiuto ai danni di Tucci e Chiodo”. Circostanze che dovranno essere verificate e riscontrate nel corso del dibattimento. (Da Iacchite.blog)