Il Presidente del consiglio comunale di Scalea Gaetano Bruno interviene sul tema proposto da Idm
Unione dei comuni, se ne parli dopo le politiche
“Si all’idea di fondo per migliorare la governance del territorio, no a cartelli elettorali”
Il tema dell’unione dei comuni della Riviera dei Cedri rilanciato nelle ultime settimane dal movimento Italia del Meridione e ripreso da più parti è assolutamente interessante, meritevole di approfondimento e, soprattutto, di un confronto schietto e pragmatico.
E proprio alla luce di questa premessa, precisando di esprimere una posizione prettamente personale e consapevolmente spigolosa, mi preme porre una questione che ritengo fondamentale per alimentare il dibattito anche alla luce della costituzione del collegio dei Presidenti della Riviera dei Cedri partorita insieme a diversi colleghi dei comuni del comprensorio nell’aprile del 2021.
Perché se da una parte la prospettiva comprensoriale alla base della proposta non può non trovare un largo e scontato consenso, almeno in questa fase preliminare, dall’altro bisogna interrogarsi apertamente sugli aspetti politici che un tale discorso può sottendere.
Le iniziative aggregative sull’alto tirreno cosentino sono esperimento già tentato e non sempre hanno portato al raggiungimento degli obiettivi soprattutto a causa di un frazionamento politico che storicamente ha finito per polarizzare il confronto più sul peso elettorale dei singoli esponenti che sulle proposte programmatiche.
Inutile e controproducente sarebbe oggi ricordare episodi poco edificanti della recente storia politica del territorio ma basta fare riferimento a molte delle ultime tornate elettorali per l’elezione del consiglio regionale calabrese, quando una miriade di candidature, assolutamente legittime ma poco proficue, hanno finito per portare somma zero al territorio in termini di rappresentatività.
Se dunque l’unione dei comuni deve rappresentare uno strumento per ottimizzare la governance tecnico amministrativa dell’area vasta della Riviera dei Cedri, creando un soggetto giuridico che possa assumere maggiore peso e riconoscimento nel sempre più complesso rapporto con il Governo centrale, e diventare uno elemento di garanzia per la salvaguardia delle identità e delle funzionalità dei piccoli comuni alle prese con un inesorabile spopolamento che si sta già traducendo in un inevitabile impoverimento, allora siamo di fronte ad un buon viatico per mettere finalmente in atto strategie comuni di valorizzazione delle specificità della Riviera nella sua omogeneità di area vasta per dare a questa un carattere istituzionale più pregno e vincolante rispetto ad esperienze precedenti.
Se invece – con tutto il dovuto rispetto per le posizioni precedentemente espresse – dovessimo malauguratamente trovarci soltanto di fronte ad un virtuosismo di filosofia politica per costruire castelli o cartelli politici, allora saremmo di fronte ad un nuovo fallimento annunciato.
La tempistica con la quale il tema è venuto alla ribalta, considerando anche la recente riduzione del numero dei parlamentari operata a livello del governo centrale, desta obiettivamente qualche perplessità, ma il beneficio del dubbio è doveroso e legittimo sia in un senso che nel suo esatto contrario.
In ogni caso, considerando anche la complessità del tema, mi auguro che se ne possa discutere con la dovuta attenzione e le dovute cautele, dopo le prossime elezioni politiche che intanto rappresentano l’ennesimo banco di prova per dimostrare la maturità del territorio rispetto non tanto alle legittime scelte elettorali di ciascun elettore quanto alle strategie finalizzate a costruire una proposta di rappresentatività politica territoriale che possa potare risultati ed evitare la mortificazione della stessa rappresentatività sull’altare della velleità dei singoli o delle cosiddette “candidature di servizio” che hanno portato alla dispersione in mille rivoli delle potenzialità elettorali del territorio e al conseguente impoverimento della sua capacità potenziale di espressione di rappresentanza.
Tanti sono stati i temi in passato su cui si poteva e si doveva fare quadrato in maniera concreta e decisa, dalla sanità alla viabilità, dalle politiche di promozione turistiche e di tutela dell’ambiente per finire alla sicurezza e al controllo del territorio, ma ai proclami sono seguiti percorsi individuali e isolati che hanno dato l’immagine di un comprensorio incapace di fare la voce grossa perché ognuno tentava di costruirsi il suo personale posto al sole.
Se questo dell’unione dei comuni vuole essere un tema caratterizzante in maniera credibile il dibattito politico sulla Riviera dei Cedri, mi auguro che prenda corpo dopo l’elezione del nuovo Governo in modo da spazzare via qualsiasi dubbio ed evitare di ricordare questo dibattito come uno dei tanti spot da campagna elettorale.