Di Francesco Cirillo
L’ultima frana e strage evitata è stata ad Acquappesa. Ora la statale 18 si percorre col senso unico alternato regolato da semaforo, correlato alla prosecuzione degli interventi di mitigazione del rischio e gli automobilisti sono costretti ad una sosta che fa conoscere il bel lungomare di Acquappesa ed il suo bel paese. All’Anas dicono che è per la sicurezza degli automobilisti, ma tutti dicono che se vogliono la sicurezza degli automobilisti ed anche dei cittadini che vi abitano, devono preventivare prima i movimenti franosi. E’ per puro caso che la frana non sia finita direttamente sulla strada altrimenti poveri gli automobilisti che vi si sarebbero potuti trovare sotto. Ora però è allarme e tutti sono soddisfatti.
La speculazione edilizia Lungo la statale 18 e lungo tutto l’Alto Tirreno Cosentino, paghiamo il prezzo della speculazione edilizia degli anni ’80, quando la sabbia del mare servì per costruire villaggi e alberghi e paghiamo anche la sabbia depredata da impianti lungo i fiumi. Milioni di metri cubi di sabbia trasportata da millenni dai fiumi servirono per costruire ogni sorta di edifici. Poi la prima grande mareggiata fu utilizzata per gettare a mare migliaia e migliaia di massi di cemento che sarebbero dovuti servire a difendere la linea ferroviaria e naturalmente tutto ciò che di abusivo era stato creato lungo le coste. Ditte legate alla cosca di Cetraro bucarono montagne e colline per trasportare massi che non servirono a fermare la furia delle mareggiate che anno dopo anno mangiava decine di metri di spiaggia. Poi in nome del turismo ecco la nascita di chioschi e stabilimenti balneari che tolsero altra spiaggia. Un disastro annunciato.
La febbre dei porti
Come se non bastasse, ecco la follia dei porti. Negli anni ’90 la portualità ricevette dall’Europa e dai governi milioni a non finire che finirono nelle tasche di politici e di una schiera indefinita di ingegneri, geometri, ditte varie. L’erosione continuava ma bracci a mare distrutti poi dalle mareggiate nascevano comunque. A Cittadella del Capo, a Diamante, a Belvedere, a Scalea, a Fuscaldo, Paola, Amantea, ogni comune presentò un progetto per avere il proprio porto. Alcuni ebbero anche qualche autorizzazione che li indusse a gettare massi per costruire i bracci, ma solo i comuni di Amantea (per Campora) e di Cetraro riuscirono a costruirli anche se in forma sbagliata che porta ad un insabbiamento delle strutture ogni anno, che costa alla regione oltre duecentomila euro per liberare i pescherecci.
ARRIVANO LE DUNE
L’allarme tsunami diramato in tutta fretta dalla Protezione Civile il 5 dicembre scorso e ripreso a pieno ritmo da tutti i comuni della costa, che hanno chiuso scuole, uffici, bar e negozi lungo i lungomare della costa, per poi essere ritirato, cessato l’allarme ha posto delle riflessioni a tutti noi esseri viventi lungo la costa tirrenica. Basta la caduta di un costone dello Stromboli per diramare un allarme tsunami?
basta un’onda di 1 metro e mezzo per chiudere scuole e attività produttive ? E le mareggiate invernali con onde fino a 9 metri, avvenute nel mese di dicembre dello scorso anno dove le mettiamo ?
E’ fin troppo logico e chiaro che qualcosa nelle nostre coste è cambiato, e cambiato di molto. Il problema sta tutto nell’erosione costiera che colpisce l’intera Calabria da almeno venti anni. E pur procedendo rapidamente nulla è stato fatto dagli amministratori e dai nostri politici per cercare di fermarla o almeno arginarla. Il prolungarsi delle piogge rende i terreni collinari più fragili e massi e pietrame si staccano ostruendo la linea ferroviaria e le strade. La tragedia di Ischia ha portato a riflettere (speriamo) sulla speculazione edilizia su quell’isola, ma il problema riguarda tutto il Sud ed i cambiamenti climatici molto violenti stanno mettendo in evidenza tutte le criticità. E come non bastasse adesso arrivano le dune a difesa di caseggiati e lidi balneari con si capisce bene con quali autorizzazioni. Naturalmente i lidi balneari lasciati soli fanno da se ed ecco al lavoro decine di ruspe che per chilometri, lungo tutte le spiagge si mettono al lavoro per alzare dune di difesa. Questo vuol dire un grave danno alla vegetazione dunale, alle stesse dune naturali e naturalmente un danno che favorisce paradossalmente l’erosione costiera in quanto il mare non trovando alcun ostacolo avanza erodendo pezzi interi di spiaggia.
Franano le colline
Diverse frane stanno interessando i paesi della costa. L’ultima nel centro storico di Belvedere. Le ultime due a San Lucido, dove da un costone roccioso che sovrasta il tracciato ferroviario della galleria San Lucido-Paola in corrispondenza del Castello Ruffo – statua Cilla hanno rischiato di interrompere il traffico ferroviario, l’altra a San Nicola Arcella. E Italia Nostra organizza un sit-in lungo la statale provinciale di San Nicola per smuovere le autorità. In un comunicato diramato il 12 dicembre scorso scriveva:“A poche ore dalla iniziativa di Italia Nostra, dell’intervento del TG3 Calabria e della stampa, la Provincia di Cosenza nella persona del Dirigente Ing. Gianluca Morrone e del Responsabile del Servizio Tecnico Viabilità Ing. Settimio Gravina interviene sulla questione specificando che “l’evento franoso che ha causato l’interruzione della SP n.1 è dovuto allo smottamento di un gran quantitativo di materiale terroso di riporto ed usato come riempimento di un impluvio naturale per la realizzazione di un’ area di parcheggio di proprietà della Soc. Immobiliare Mediterranea S.P.A.” La Provincia di Cosenza ha diffidato con la nota n. 220044880 del 12 del 08 dicembre 2022 la stessa Soc. Immobiliare Mediterranea S.P.A. ad eseguire con la massima urgenza i lavori di messa in sicurezza della scarpata sovrastanti la strada provinciale, mediante la realizzazione di tutte le opere necessarie al consolidamento del versante. Qualora si dovessero prorogare i tempi di ripristino della viabilità la Provincia si determinerà ai fini giuridici per la richiesta di eventuali risarcimenti anche per il disservizio creato all’utenza. Ora non bisogna mollare la presa“.
Ma non finirà così perché tutto il territorio collinare è stato devastato. Basta guardare le nostre colline per vedere a che livelli di cementificazione si è giunti e lo capiremo meglio nei mesi prossimi se il maltempo, come dicono gli esperti, riprenderà.