“Abbiamo, volutamente, atteso qualche giorno prima di commentare la sentenza del Consiglio di stato. Lo faremo, così come abbiamo fatto per la sentenza di primo grado, con la massima obiettività ed attenendoci alla lettera della sentenza stessa, senza tuttavia dimenticarci di porci degli interrogativi e soprattutto di analizzare il comportamento, dal punto di vista strettamente politico, delle amministrazioni coinvolte, tralasciando ogni commento sulle superficiali e comode analisi susseguitesi in questi giorni e, soprattutto, sui facili slogan intrisi di consueti insulti, davvero inopportuni e che dimostrano, come sempre, il grado di signorilità di chi li pronuncia. Ricordiamo come su quattro ricorsi proposti da Sateca spa dinnanzi al Tar Calabria tre sono stati dichiarati inammissibili e/o infondati. Il quarto ricorso era stato accolto: Con il suddetto ricorso La Sateca ricorreva avverso gli atti con cui i Comuni erano rientrati in possesso dei beni comunali oggetto di concessione ovvero lo Stabilimento San Francesco, i locali uffici accettazione, il c.d Triangolo, la falegnameria, l’impianto di illuminazione, nonché la risorsa idrica termale detenuta dalla Società in sub concessione e di proprietà della Regione Calabria. Il Tar annullava, quindi, i “verbali di acquisizione dei beni redatto in data 17/02/2021” e “verbale di apprensione coattiva” dei beni redatto in data 05/02/2021. Veniva sancito, quindi, il diritto di Sateca di proseguire nelle attività sino all’individuazione di un nuovo subconcessionario, ritenendo perfettamente validi e produttivi di effetti giuridici quegli accordi di prosecuzione delle attività siglati dalle parti (Comuni, Sateca, Regione Calabria) dinnanzi al Prefetto di Cosenza. L’immediata conseguenza di tale pronuncia per i due Comuni era la concreta possibilità di una richiesta di risarcimento danni milionaria da parte della Sateca spa per l’impedimento all’esercizio dell’attività di impresa perpetrata dai due Comuni. Ricorrevano al Consiglio di Stato i Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese appellando la sentenza resa dal Tar Calabria e ne chiedevano, per l’effetto, la riforma sulla base dei seguenti motivi: 1) Sateca spa non aveva diritto a proseguire nelle attività termali perché la subconcessione non era più in vigore. 2) Quegli “accordi” e “protocolli d’intesa” siglati tra le parti erano da intendersi meri strumenti di natura politico istituzionale e non potevano assurgere a fonte di diritti e obblighi di natura civilistica tra le parti. 3) Sia il protocollo d’intesa del 2016 che l’accordo siglato in Prefettura nel 2019, quest’ultimo in particolare da intendersi vera e propria proroga, sarebbe illegittimo perché intervenuto successivamente alla scadenza della concessione da prorogare. Il Consiglio di Stato con sentenza del 11.10.2023 in accoglimento del proposto appello dei due Comuni così decideva: 1. Il protocollo di intesa del 2016 sanciva l’insuperabilità del termine per la scadenza della subconcessione al 2018. 2. Il successivo accordo del 2019 firmato in Prefettura che spostava il suddetto termine al 31/12/2020 è illegittimo per due ragioni : A) per consolidato orientamento giurisprudenziale che sancisce la illegittimità delle proroghe emesse successivamente alla scadenza del termine di efficacia dell’atto da prorogare. B) In rispetto all’orientamento consolidato sulla temporaneità delle concessioni. Temporaneità finalizzata a garantire la tutela della concorrenza “(e l’obbligo di evidenza pubblica che esso implica”) con necessità, ribadita dalla Corte di Giustizia Europea, per gli stati membri “dell’obbligo della gara, che si pone a monte dell’attività poi svolta in quella materia”. La sentenza del Consiglio di Stato è assolutamente condivisibile. Intanto, perché ci pone al riparo, forse, da una eventuale richiesta di risarcimento danni milionario che avrebbero pagato tutti i cittadini di Acquappesa e di Guardia Piemontese. Sulla consapevolezza degli attuali amministratori rispetto alla positività della decisione, però, permetteteci di nutrire forti dubbi. Continuiamo a ribadire il nostro disappunto, non sulle ragioni, ma sui metodi utilizzati. Nello stesso tempo si sarebbe raggiunti i medesimi risultati adottando la procedura ordinaria, evitando l’impietoso scenario che, più delle risultanze, rimarranno impresse nella storia dei nostri Comuni. Passiamo, però, alla nota dolente… Ci fanno non poco sorridere le dichiarazioni intrise di temini e frasi ad effetto quali “legalità”, “trasparenza” “difesa del bene comune” “riappropriazione di beni appartenenti alla proprietà pubblica, da troppo tempo espropriati da un soggetto privato”. Queste dichiarazioni dimostrano, ancora una volta, una narrazione volutamente fuorviante, finalizzata ad utilizzare e manovrare nella direzione voluta fatti e circostanze non corrispondenti al vero e a nascondere responsabilità passate gravi , di questi stessi amministratori, e responsabilità attuali gravissime decretate proprio in questa sentenza. Legalità: Il protocollo di intesa e il successivo accordo firmato in Prefettura dichiarato illegittimo da questa sentenza è stato firmato dagli attuali amministratori, ratificato nei Consigli comunali in cui erano presenti e hanno pronunciato la magica parolina “favorevole” l’80% dei consiglieri ieri in carica che sono gli stessi di oggi! Il Protocollo di intesa e l’accordo “illegale”, dunque, lo hanno prodotto loro stessi. Trasparenza: Tutte le decisioni inerenti le Terme Luigiane sono state prese in solitaria, senza alcuna condivisione, senza neppure l’emissione di un atto amministrativo, passaggio in Consiglio Comunale, semplice incontro con i cittadini. Difesa del bene comune: Concentratasi solo ed esclusivamente sull’estromissione “dell’invasore”, anziché sulla programmazione e progettazione del futuro delle Terme che ha visto, nelle more, oramai a tre anni di distanza, il suo progressivo ulteriore declino. “Riappropriazione di beni…da troppo tempo espropriati da un soggetto privato” espressione, questa, intellettualmente disonesta, considerato che non si discuteva affatto di diritti di proprietà, bensì di mero diritto alla prosecuzione di attività, in attesa di individuazione di nuovo sub-concessionario. Infatti, i beni comunali erano e sono di proprietà Comunale (e nessuno ne ha contestato la proprietà) e la risorsa idrica termale è di proprietà della Regione Calabria in concessione ai Comuni e a sua volta sub concessa alla società privata. Individuazione, oltretutto, che andava fatta dai Comuni già da tempo, mediante procedura ad evidenza pubblica. In conclusione, quindi, alcune osservazioni: – Il Consiglio di Stato ha decretato, accogliendo, peraltro, l’accorata tesi dei Comuni, che i protocolli d’Intesa sono meri atti istituzional-programmatici e non sono idonei a produrre effetti giuridici. Sulla base di tale premessa, ci preme far osservare che la società Terme Sibarite spa, anch’essa società privata, è subentrata a Sateca spa nella gestione anche dei beni comunali ed è stata destinataria di tale affidamento mediante procedura diretta, vietata anche dalla normativa comunitaria, citata nella suddetta sentenza, ed in virtù di un protocollo di intesa ratificato nei rispettivi consigli comunali (con voto contrario dei gruppi di minoranza, proprio per le motivazioni di cui alla sentenza). Il Comune di Acquappesa ha emesso determina di affidamento in gestione delle risorse comunali solo in data 04/09/2023, allegando alla stessa bozza di contratto a tale data non ancora stipulato. La morale, quindi, quale sarebbe? Farsi dichiarare atti, da loro stessi siglati, illegittimi per poi proseguire e produrre ulteriori atti di medesima natura (quindi illegittimi)…è proprio il caso di affermare che il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Che, poi, sia più opportuno, a volte, soprassedere perché siamo d’accordo tutti che le nostre amate Terme stiano aperte, anziché chiuse (che poi era un po’ la necessità che si era verificata alla data di firma di quell’accordo del 2019, così come l’alternativa verificatasi – mediante intervento della Regione Calabria- di affidare la gestione a Terme Sibarite spa) ma che si continui a cercare di prendere in giro tutti, dimenticandosi che c’è qualcuno che, oltre a saper leggere, riesce anche a comprendere, facendo passare ciò che potrebbe essere definita “la fortuna dei principianti” come qualcosa di studiato, progettato, addirittura previsto non siamo disposti ad accettarlo, soprattutto se si continua ad operare in netta antitesi a quei principi di legalità e trasparenza tanto decantati. Si grida alla vittoria di cosa? I beni comunali sono rientrati, seppur con forza, nelle mani dei Comuni da già tre anni e lo stato degli stessi e più che peggiorato. Se non fosse intervenuta quella proroga (2019) da questi stessi amministratori siglata ed al tempo fatta passare come risultato storico da chi poi oggi l’ha rinnegata con forza, le Terme sarebbero chiuse dal 2018. Se non fosse intervenuta la Regione Calabria ad appore un’ulteriore pezza, seppure con tutti gli interrogativi testè posti, e con alla base atti della stessa natura di quelli del passato, oggi dichiarati illegittimi dal Consiglio di Stato, le Terme Luigiane grazie a queste due amministrazioni, sarebbero ancora chiuse. Tacere sarebbe stato quantomeno doveroso”. E’ quanto affermano in una nota stampa congiunta, Cambiamenti Acquappesa e la Citta del Sole. Sandra Ricco, Antonella D’Angelis, Mauro Avolio, Francesco Pietramala, Andrea Muglia.

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