Alcuni giorni fa è stato ritrovato un appunto del giudice Giovanni Falcone nell’ufficio-museo del medesimo giudice dal suo collaboratore Giovanni Paparcuri. Il figlio è un promemoria durante gli interrogatori del pentito Mannoia. Risale al 6 novembre 1989. Il giudice ha sottolineato due volte il cognome di Berlusconi (all’epoca già al culmine della sua carriera), una volta il nome di Vittorio Mangano, lo stalliere boss della villa di Arcore. Cerchiato invece il cognome di Cinà, un altro mafioso. “Cinà in buoni rapporti con Berlusconi. Berlusconi dà 20 milioni ai Grado e anche a Vittorio Mangano”, così scrive Falcone e tali frasi confermerebbero la condanna di Marcello Dell’Utri, il braccio destro di Berlusconi, che sta scontando 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Cinà dovrebbe essere Gaetano Cinà, amico dell’ex senatore del Fi, che come riportano le intercettazioni, gli annunciava l’arrivo di una grande cassata con il simbolo del biscione a casa Berlusconi. Secondo la sentenza Dell’Utri, Berlusconi, nel 1974, avrebbe stipulato con la mafia un “patto di protezione”, inizialmente, pare, per evitare i sequestri su Milano e poi sembrerebbe per “mettere a posto” i ripetitori TV in Sicilia. Questa vicenda sembra essere di conseguenza confermata dal l’appunto di Falcone. Nel secondo foglio compare il nome di Vito Guarrasi, anche questo mai citato nei verbali ufficiali di Mannoia. Guarrasi, morto il 31 luglio 1999, era un potente avvocato di tanti “affari siciliani”.

Il giudice Falcone cosa aveva scoperto?

FONTE: palermo.repubblica. it

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