A Catanzaro si fa di tutto pur di non rinunciare alle strutture pubbliche mentre a Cosenza la gestione centralista della sanità riverbera danni su tutta la Regione.
Ricorre al Consiglio di Stato la Giunta comunale di Catanzaro, opponendosi alla sentenza del TAR che aveva stabilito, nel mese di novembre scorso, la definitiva allocazione della Sovrintendenza nella città Pitagorica.
Certo, la cosa non ci meraviglia! Tutto secondo programma. Sarebbe inimmaginabile, per i centri di potere in capo ai capoluoghi storici, pensare di rinunciare a qualsivoglia struttura di natura pubblica pur in presenza, come nel caso di specie, di una palese e cristallina attestazione che difficilmente può essere confutata: la naturale ed innegabile storica predisposizione che la città di Crotone ha nel rivendicare l’allocazione degli uffici periferici del Mibact.
Del resto già il Tribunale Amministrativo aveva rigettato il ricorso che il capoluogo di Regione aveva intentato contro il decreto Ministeriale del 28 gennaio 2020, il quale stabiliva in Crotone la sede dell’ ufficio per le provincie di KR e CZ.
Ora il nuovo affondo! Si ricorre al Consiglio di Stato, poichè Catanzaro sarebbe stata colpita nell’orgoglio di Capoluogo regionale per “evidente violazione di ogni criterio di ragionevolezza, motivazione, efficienza, efficacia, istruttoria, parità di trattamento…..”.
La cosa lascia attoniti e basiti!
Nel mentre Catanzaro, pur non avendo i benché minimi requisiti storici al cospetto di Crotone, per ovvi motivi su cui non ci soffermeremo, tuttavia scorge nella scelta della sede Crotoniate una violazione della ragionevolezza e della parità di trattamento, quando invece sonnecchia, o molto più probabilmente finge di sonnecchiare, su uno scriteriato squilibrio di fondo che sussiste fra le due aree.
Si è mai chiesta, la città di Catanzaro, se sia probo ed equo detenere circa 28mila dipendenti pubblici, mentre la città di Crotone raggiunge appena le 3500 unità?
Si è mai chiesta, il Capoluogo regionale, se risponda a criteri d’equità avere 2 ospedali HUB mentre nella città Pitagorica persiste un sottodimensionato ospedale Spoke?
Qualcuno si è domandato, nella città delle Aquile, se sia lecito avete tre servizi d’emodinamica mentre sullo Jonio non esiste neppure l’ombra del Presidio salvavita?
Potremmo rivolgere domande del genere fino a scrivere un tomo d’antologia: il risultato non cambierebbe.
A Cosenza invece, la magistratura indaga sulle nefandezze di un’Asp elefantiaca, che avrebbe dovuto generare risparmi di spesa, quando nottetempo si decise di accorpare ad essa ben 3 Asl, e che invece ha generato buchi miliardari, falsi in bilancio, e livelli sanitari essenziali che sullo Jonio non raggiungono neppure un posto letto ogni mille abitanti, contro i tre su mille nel resto della Regione.
Come se non bastasse, un’Asp, quella Cosentina, che lascia sullo Jonio ambulanze del 118 prive di medico a bordo ed i recenti fatti avvenuti a Trebisacce ed a Corigliano Rossano restituiscono la cartina di tornasole sulle nefandezze sanitarie apportate dal centralismo in questa Regione. E non va di certo meglio nella città Pitagorica, dove sono a serio rischio il reparto di Neonatologia e la TIN (Terapia Intensiva Neonatale), lasciando di fatto il comprensorio crotonese nel più completo abbandono e sempre più succube e dipendente dalla AO di Catanzaro.
Le politiche pigliatutto del centralismo non si fermano davanti a nulla, neppure quando la storia attesta inconfutabilmente le boutades che le stesse blaterano, come il recente scontro fra titani che si sta sviluppando intorno alla paventata possibilità d’istituire una facoltà di medicina a Cosenza. Motivo, quest’ultimo, che genererà la richiesta di un nuovo Presidio Sanitario nella Valle Crati nonostante da circa 15 anni ben 3 progetti sanitari giacciano nella più completa ignavia delle istituzioni regionali. Il tutto nel mentre lo Jonio continua ad assistere a pose di prime pietre solo in occasioni delle tornate elettorali; unico motivo per il quale ci si ricorda dell’esistenza del notevole serbatoio di voti dell’area rivierasca.
Magna Graecia dice basta a quest’andazzo irriverente ed irrispettoso della dignità dei popoli e esprime sdegno per il livello di sudditanza a cui la spocchia e l’ingiustificabile presunzione dei capoluoghi storici ha condotto le aree dell’Arco Jonico.