Il policlinico universitario di Catanzaro deve essere utilizzato al massimo come centro Covid, senza indugi, resistenze, divisioni. Al di là degli aspetti penali della vicenda della casa di cura di Chiaravalle Centrale, presi in carico dall’autorità giudiziaria, nello specifico i ritardi negli interventi e nei trasferimenti dei malati restano da chiarire e sollevano legittimi dubbi sull’atteggiamento consolidato dell’Università di Catanzaro. Per esempio, e indipendentemente dal triste episodio richiamato, non si capisce come mai la Regione avesse ripiegato su una costosissima struttura modulare per accogliere i pazienti affetti da nuovo coronavirus, invece che provvedere, insieme al commissario straordinario del policlinico catanzarese, ad allestire al suo interno numerosi posti per i casi di Covid, dati gli enormi spazi disponibili.
Il policlinico universitario di Catanzaro è da anni pressoché vuoto, non ha il Pronto soccorso e perciò non garantisce una formazione completa dei futuri medici, non fa emergenza-urgenza e, malgrado alcune sue unità operative di riconosciuto livello, non ha svolto il ruolo centrale che invece poteva avere come le strutture analoghe presenti nelle altre regioni italiane. Tutto ciò, va sottolineato, nonostante che dal 2012 ad oggi il policlinico universitario abbia ricevuto dalla Regione Calabria oltre 100 milioni in più di quanto consentito dalle norme vigenti. Queste contraddizioni sono ben note negli ospedali hub calabresi, non di rado costretti a supplire rispetto alle carenze del policlinico.
Questo è il momento per eliminare privilegi inconcepibili, per superare contrapposizioni insane nelle sale di comando e per gestire l’emergenza in atto con coscienza, razionalità, attenzione e fermezza, puntando sul policlinico universitario e autorizzando adeguate assunzioni di personale a tempo indeterminato a stralcio del fabbisogno acquisito dai commissari governativi.