Con una lunga lettera, il vescovo della diocesi San Marco Argentano-Scalea, Stefano Rega, invita i candidati alle elezioni comunali 2024 dei comuni ricadenti nella diocesi. L’appuntamento è per venerdì 03 maggio, presso la Colonia San Benedetto di Cetraro, alle ore 10. Un’iniziativa unica che coinvolge i rappresentanti delle liste dei 13 paesi in cui l’otto e il nove giugno si voterà.

Acquappesa, Buonvicino, Diamante, Santa Domenica Talao, Santa Maria del Cedro e Verbicaro sono quelli del Tirreno cosentino in cui si andrà alle urne. I messaggi lanciati da monsignor Rega sono chiari e vengono suddivisi in diversi punti. Primo fra tutti, non pensare solo al “reale”, ma anche alla costruzione di una visione ampia del proprio progetto di governo.

Rega inoltre non manca di toccare tasti dolenti come la “ricerca delle alleanze”, che spesso porta alle famose promesse elettorali e ai compromessi che fanno male al territorio. Tenere a bada i “toni accesi”, che creano inimicizie, maldicenze, tutti aspetti che non aiutano le comunità e che creano spesso strascichi irreparabili.

Inoltre, bisogna diffondere la cultura della tolleranza, nonché prendere per un altro verso la questione giovani. “Su di loro – scrive Rega – bisogna puntare adesso. Essi infatti non sono il futuro, ma il presente e bisogna avere il coraggio di scommettere su di loro”.

QUESTO IL TESTO DELLA LETTERA:

“Tra voi non sia così”. Carissimi candidati alle competizioni elettorali di alcuni dei comuni della nostra Diocesi, sento il bisogno di raggiungervi con questa mia lettera per aprire un dialogo con voi e, grazie anche al lavoro dell’Ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro, vorrei invitarvi ad un incontro, previsto per venerdì 3 maggio p.v. alle ore 10.00 presso la Colonia “San Benedetto” in Cetraro Marina perché desidero ascoltarvi, prima di questo delicatissimo momento per voi ma anche per tutta la nostra gente. In questi frangenti mi piace riportarvi con la mente ai giorni della passione del nostro Signore Gesù Cristo. Nella versione di Luca, nell’ultima cena, proprio mentre il Maestro fece cenno al tradimento di uno di essi, si scatenò una discussione su chi di loro fosse il più grande. Il Maestro si vide costretto ad intervenire per chiarire loro ciò che non doveva accadere. Chi governa, vuole dirci Gesù, lo faccia non con la logica del potere ma con quella del servizio. Possiate distinguervi non per l’arroganza ma per i sentimenti di umiltà richiesti dal servizio. Chi di voi è più grande si faccia piccolo. Riflettiamo bene però perché queste sono le parole finali del Maestro ed è il contesto a renderle ancora più importanti. Ogni uomo, quando sa di essere arrivato alla fine, tiene a consegnare una sorta di testamento. Sono parole rivelative del cuore di Cristo. Gesù svela il senso del suo consegnarsi al mondo nelle specie del pane e del vino. Questo brano della cena descritto da Luca è rivelativo della missione di Cristo, della sua volontà di donarsi e spendersi per il bene e la salvezza del genere umano. È un momento di verità, dove si svelano i tradimenti ma anche gli amici più cari e veri. Quelli che ti restano accanto fino alla fine e quelli che ti abbandonano al primo segnale di sconfitta. È un momento di verità per Giuda, che rivela tutta la sua sete di potere, di guadagno e della politica intesa come strategia per il dominio. Ma è un momento rivelativo anche di altri tradimenti: quello degli amici di Gesù che stavano discutendo su chi di loro fosse il più grande. Diciamo pure litigio, visto che costrinse Gesù ad intervenire dicendo loro: «I re delle nazioni spadroneggiano su di esse e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori, non sia così tra voi» (Cf. Lc 22,25- 26). Ecco, carissimi candidati, penso che la tentazione di questo momento possa essere questa: pensare di andare ad occupare un posto di potere. In questo senso lasciamo riecheggiare nel cuore le parole di Cristo nell’ultima cena: «Tra voi non sia così».“Grazie e aiutate la nostra gente a sognare”Voglio iniziare questa mia riflessione dicendovi, prima dell’inizio della campagna elettorale, davvero grazie! Grazie per la vostra disponibilità e per aver accolto la chiamata al servizio per la nostra gente. Grazie perché così ci ricordate che la politica è qualcosa di nobile, di pulito, di bello. Non qualcosa di sporco da cui prendere le distanze. Abbiamo tutti bisogno di riscoprire il valore dell’impegno per la Polis. Da questo punto di vista mi sento di dire che il primo problema da affrontare è proprio questo: l’astensionismo. Sappiamo tutti che a votare sono meno della metà degli aventi diritto. La campagna elettorale può essere un’incredibile opportunità, la prima che vi si presenterà, per tentare di costruire insieme qualcosa di utile per il bene di tutti. Dovremmo sentirci tutti corresponsabili, tutti interessati a studiare il territorio con competenza per proporre progetti adeguati alla nostra realtà territoriale, ma anche con l’idea di generare entusiasmo e partecipazione alla vita della città, recuperando anche un sano orgoglio di appartenenza. Proprio con i confratelli vescovi della Calabria, intervenendo con una presa di posizione netta sul tema dell’autonomia differenziata, abbiamo sostenuto che: «La strada da percorrere è invece quella che passa dal riconoscimento delle differenze e dalla valorizzazione di ogni realtà particolare, soprattutto delle aree più periferiche e/o interne. I contesti che non ce la fanno vanno accompagnati, riconoscendo nella solidarietà tra territori un valore costituzionale da difendere e un impegno pastorale che il popolo di Dio che è in Italia va incoraggiato a perseguire perché progredisca nella sua ricerca di fedeltà al Vangelo. Nella prospettiva di uno sviluppo umano autentico, le difficoltà dei territori con infrastrutture più deboli, con rendimento istituzionale insufficiente, non vanno interpretate come un freno per chi è più veloce, ma come un problema comune, da cui venire fuori insieme». Ora, il senso di quest’unità però non possiamo invocarlo solo dall’alto. Questa è un’occasione perché dal basso possa venire un esempio di unità, dove si metta al centro il tema della solidarietà e della giustizia sociale, il tema dei diritti fondamentali e non sarebbe male che più comuni si mettessero insieme per realizzare progetti comuni, condividendo idee e visioni. Sì cari candidati, non accontentavi di presentare dei progetti aderenti alla realtà, studiate per bene il territorio ma consegnate al nostro popolo anche una visione. Aiutate la nostra gente a sognare. Non si tratta di illudersi o di lasciarsi illudere. Ci sono figure di sindaci, santi, che ci possono ispirare, come Giorgio La Pira. Il Sindaco di Firenze non si accontentò di guardare solo ai problemi della sua città. Si impegnò molto per la pace nel mondo e per il dialogo tra le religioni. Si sentiva cittadino del mondo e puntava lo sguardo decisamente «oltre» l’orizzonte.“Cercate alleanze”Capisco, però, che in questo momento la vostra preoccupazione è quella della richiesta del consenso. Io credo che il nostro modo di fare politica inizi proprio da qui. Se vogliamo essere seri non possiamo pensare di chiedere il consenso sulla base di favori elargiti o sulla base di promesse da «marinaio». Chiediamo alla nostra gente di aiutarci a scrivere insieme un patto per il nostro territorio. Cerchiamo alleanze, non per la propria gloria o per la nostra buona fama, ma perché possa crescere la cultura dei diritti, dei servizi e perché il nostro territorio possa essere caratterizzato non solo dalla bellezza dei luoghi, ma dalla nobiltà dei sentimenti dei credenti che si impegnano in politica, perché sentano la passione per il proprio paese. Gente che sappia soffrire qualora dovesse scoprire il proprio paese distante da un ideale di pace e di fraternità. Proprio come ha fatto Gesù che aveva osservato la sua città e non si era abbandonato alle critiche: «Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace» (Lc 19,41-42).“Misurate le parole”Mentirei però se non vi svelassi, a cuore aperto, anche la preoccupazione che avverto. Le competizioni elettorali, specie nei piccoli paesi come quelli della nostra Diocesi, sono spesso diventate occasioni di lacerazione e di conflitti esasperati, fino a giungere a veri e propri attacchi personali. Penosamente, a volte, servendosi anche dell’anonimato e della calunnia. Mi sento vostro fratello in questo viaggio e voglio dirvi, con l’animo sincero e franco, che molto dipende anche da voi. Si possono verificare anche situazioni di litigio, proprio come i nostri amici dell’icona biblica descritta da Luca. A loro Gesù ricorda, e dunque anche a noi, «chi vuole essere più grande si faccia piccolo, e chi vuole governare si faccia servo» (Lc 22,26). Vi state preparando a servire, non a comandare; vi state proponendo di migliorare la città per tutti e non solo per alcuni amici; dopo aver studiato con competenza il territorio che pensate di voler servire, concentratevi sulle proposte e, nell’inevitabile diversità di posizioni su svariati argomenti, misurate le parole, scegliete quelle giuste, quelle che non offendono, quelle che suonano come rispetto degli uni per gli altri. Ricordatevi che la campagna elettorale dura appena un mese, subito dopo bisognerà tornare a vivere insieme e c’è bisogno dell’aiuto di tutti. A proposito di rispetto mi permetto di dire, fin da ora, a quelli che alla fine non saranno premiati dagli elettori, di saper riconoscere il merito dei vincitori e di lavorare comunque per il bene comune. A quelli che invece risulteranno premiati, ricordo che sarà loro compito proporsi come sindaci di tutti e spetterà proprio a loro fare il primo passo per cercare l’unità del paese, per remare tutti nella stessa direzione. Questa nostra gente merita di trovare politici che non si propongano solo di servire, ma anche di inseguire strategie di comunione nel territorio.“Don Giuseppe Dossetti: conoscere per deliberare”Un esempio luminoso in questa direzione lo troviamo nella figura di Giuseppe Dossetti. Accettò di candidarsi a Bologna, dopo aver compito una scelta religiosa ritirandosi dall’impegno politico, solo per obbedienza al Cardinal Lercaro. Si tuffò in questa impresa e fece già della sua campagna elettorale un metodo nuovo e uno stile di vita politica innovativo. Si propose di costruire l’agenda delle cose da fare con gli elettori, ascoltandoli e teorizzando forme di autogoverno nei quartieri. Il primo capitolo di questo libro, scritto consultando gli elettori portava proprio questo titolo: «Conoscere per deliberare». Teorizzava una forma di coesione sociale con un’attenzione speciale ai più poveri e alle periferie e, attraverso una forma di democrazia partecipativa, il Comune avrebbe dovuto impedire il formarsi di grandi complessi edilizi destinati ad una stessa classe sociale e favorire invece l’integrazione delle case popolari accanto a quelle del ceto medio e viceversa. Alcune di queste proposte furono poi fatte proprie e attuate dal comunista Giuseppe Dozza. Nella prefazione al testo così viene presentato questo metodo: «Forse è la prima volta che una campagna elettorale non è soltanto un’occasione di propaganda, ma diventa ragione di un complesso di analisi e di studi condotti con rigore, si tramuta cioè in un atto, a un tempo, di conoscenza scientifica e di magistero, rivolto a centinaia di cittadini. Più ancora. I cittadini sono stati chiamati a collaborare in modo attivo: in un certo senso essi hanno dato il più e il meglio di questo libro, con i loro interventi negli incontri “La Parola all’Elettore”».“Diffondete la cultura della tolleranza”Permettetemi di dirvi ancora alcune cose che sento forte nel mio animo. Appena mi sono insediato in questo territorio ho avvertito il bisogno di convocare tutti i sindaci della Diocesi per ascoltarli, per sentire cosa avessero da chiedere alla chiesa di questa porzione di popolo che è in San Marco Argentano – Scalea. Debbo dirvi che li ho ascoltati tutti, uno ad uno. Poi ci sono stati altri incontri nei singoli comuni. Altre occasioni di dialogo, create dalla loro sensibilità e riguardo nei confronti della mia persona e che mi hanno spinto a sentirmi sempre di più portato a cercare con loro un’intesa, un camminare insieme. Di recente abbiamo realizzato un incontro sulle tematiche sociali del nostro territorio. Incontro molto proficuo per me e credo anche per loro. Alcuni di voi, che vedo tra i ricandidati, conoscono già questo percorso. In questa fase però avverto anch’io il bisogno di indicarvi una strada che sento come urgente. In questo anno ricorrono i trenta anni dalla morte di don Peppe Diana. Un sacerdote che, nel Natale del 1991, scrisse un famoso documento: “Per amore del mio popolo non tacerò”. Il giovane parroco di Casal di Principe invitava a prendere le distanze da tutte le forme di illegalità e fu proprio a motivo di questo impegno che gli venne tolta la vita. Da quando sono arrivato in diocesi ho incontrato tanti bravi cristiani, di fede autentica, ma ho registrato anche un omicidio, diversi atti dolosi in più zone della nostra diocesi. Non possiamo far finta di nulla. Chi si candida a servire il paese e a rappresentarlo deve recuperare il coraggio e tenere alta la soglia della vigilanza, per diffondere la cultura della legalità e della giustizia.A questo proposito vorrei richiamare sinteticamente i principi cardini della Dottrina Sociale della Chiesa:– La centralità della persona umana, da cui scaturiscono i diritti umani.– Il bene comune, per garantire ad ogni uomo di realizzarsi al meglio delle sue possibilità.– Il principio di sussidiarietà, per aiutare gli altri corpi intermedi e gli individui nelle iniziative sociali.– La solidarietà, per crescere nella nostra sensibilità verso gli altri, soprattutto verso coloro che soffrono.– Il lavoro, per creare quel benessere sociale che aiuta la convivenza pacifica e serena nei nostri territori e argina ogni fenomeno malavitoso.In questa direzione, debbo dirvi, che non voglio limitarmi solo alle parole. La nostra scuola diocesana di teologia ha già intrapreso una direzione di impegno sociale e proprio dall’incontro con i sindaci è venuta fuori l’idea di una scuola di impegno socio-politico. Sulla legalità e sulla giustizia credo che non ci si possa dividere in ragione di un colore o di una appartenenza partitica: è urgente e determinante camminare nella stessa direzione e insieme. Dobbiamo poter far fronte comune perché i martiri della giustizia non nascono solo per mano dei malviventi, ma crescono prima nell’isolamento e nel silenzio dei buoni.“Puntate sui giovani, oggi”Un tempo si diceva che la ricetta contro la povertà fosse il lavoro. Un rapporto Caritas – Vasi comunicanti – già dal 2016, ci ha svelato che il lavoro non basta più, perché vi sono molti che vivono sotto la soglia di povertà anche tra i lavoratori e sono soprattutto giovani. Un motivo in più per non dividerci, per allargare le maglie della collaborazione nella gestione del servizio alle comunità. Credo molto in questa collaborazione, ampia, allargata, diffusa cercando tutte le forze buone del nostro territorio. Mi sento di dirvi che ho fatto così anche per la diocesi e con i miei preti, che ringrazio. In riferimento ai giovani, desidero dirvi qualcosa in più. Io ascolto molto i discorsi programmatici dei politici e qualcuno faccio proprio fatica a comprenderlo. Spesso si usa dire che bisogna guardare ai giovani e si aggiunge la motivazione: perché costituiscono il nostro futuro. Con rispetto, però, mi sento di dire che i giovani non sono il futuro. Sono la forza del presente. Bisogna solo avere il coraggio di scommettere su di loro. Si potrà dire – sento già – mancano di esperienza. Vero. Aggiungo perciò che con la responsabilità impareranno prima. Non domani. Dai giovani vengono alcuni segnali importanti anche per la politica e dobbiamo saperli cogliere. Considerate come alcuni di loro, certo tra i più carismatici, sentano e facciano molto per l’ambiente o di come lottino contro i totalitarismi di ogni dove mettendo a repentaglio persino la propria vita. Dimostrano di avere coraggio da vendere. Dai giovani si può anche imparare. Quando pensiamo ai giovani, non associamoli solo ai campi sportivi, ai palazzetti dello sport come al pensare solo a momenti aggregativi o a luoghi di accoglienza per il disagio. Certo questi spazi, come il verde attrezzato, non devono mancare in ogni paese, ma credo sia giunto il momento di fare qualcosa in più: facciamo scelte più coraggiose, puntiamo sui giovani nei posti di responsabilità, senza attendere il futuro. Oggi. Nel presente. Affidiamo loro il nostro futuro, perché hanno antenne più sensibili, sanno intercettarlo meglio. Sanno essere creativi; sanno essere generosi e possiedono una genuinità della vita che molti adulti hanno smarrito.In attesa di incontrarvi tutti, vi lascio un ultimo pensiero rivolto alla Vergine Maria Santissima del Pettoruto. Proprio a quella Vergine che noi veneriamo con quel titolo – “Pettoruto” (rigonfio di Grazia) – chiediamo di assisterci ed accompagnarci con il suo sostegno e la sua guida.

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