Riceviamo e Pubblichiamo
Caro Luigi,
non è così che andava gestita la situazione.
Abbiamo preso una batosta alle europee, ma forse non bisognava attendere il 26 maggio per capire che al nostro interno c’è qualcosa che non va.
E la reazione, con l’annuncio di rimettere agli attivisti la decisione sulla tua conferma, francamente mi delude.
Cos’è che siamo chiamati a votare? Luigi sì o Luigi no?
In caso di vittoria del no, qual è l’alternativa? Si lascia un movimento -che è al governo- senza una guida, senza organizzazione, senza una linea politica?
In caso di vittoria del sì, credi di uscirne forte e si va avanti come se nulla fosse successo?
Non mi sento parte dello schieramento di chi oggi chiede la tua testa, nè però rientro nella tifoseria di chi ti sostiene senza se e senza ma.
Faccio parte del Movimento da sempre e se oggi le mie parole possono risultare dure è perché ci tengo. Credo in un progetto che al di là dei punti programmatici per il Governo del Paese, nasce come nuovo modo di concepire la politica, un progetto in cui gli eletti si mettono al servizio dei cittadini. E questo equivale ad ascoltarli, informarli, coinvolgerli; significa studiare, impegnarsi, darsi un’organizzazione funzionale al raggiungimento di risultati.
Nel MoVimento nel tempo l’ascolto ha funzionato a intermittenza, il confronto tra portavoce sempre più difficile, il coordinamento sui territori è stato rimandato a più riprese.
Tutto questo ci ha penalizzato in una fase in cui -con la partenza del Governo- ci siamo trovati in parte impreparati, finendo col farci trascinare da chi ci batte per esperienza governativa, amministrativa e organizzativa.
Abbiamo fatto grandi cose, abbiamo raggiunto risultati come lo spazzacorrotti, il reddito di cittadinanza, la quota 100, eppure a volte ci è mancato il coraggio di credere in noi stessi. Orientati forse dai sondaggi o peggio ancora dai likes sui social, abbiamo assunto posizioni ondivaghe, arrivando a mettere a dura prova la nostra coerenza: tra i più eclatanti, il voto su Salvini per il caso Diciotti, la posizione sul Decreto Sicurezza.
Non è allora su una persona che dobbiamo essere chiamati a decidere, ma su un metodo. Leader, a mio parere, non è chi vince contro il pollice verso, ma chi sa interpretare una situazione, sa ascoltare, si assume le proprie responsabilità e sa essere una guida.
Riflettiamo sul metodo, su come vuole organizzarsi il MoVimento per essere efficiente, su come valorizzare le competenze, su come confrontarci costantemente per stabilire la linea politica sui vari temi, su come rendere la comunicazione funzionale ai contenuti.
Solo così possiamo crescere, migliorarci e ripagare la fiducia che tanti cittadini hanno riposto in noi.
Laura Ferrara, Europarlamentare movimento cinque stelle