“Mercoledì 14 febbraio 2024 dalle ore 9.00 saremo in presidio nel piazzale antistante al Tribunale di Paola dove si terrà la seconda udienza calendarizzata dal GIP per discutere dell’opposizione alla vergognosa richiesta di archiviazione del processo Marlane bis”. Lo rende noto l’associazione ColPo di Paola, nel corso di una comunicazione ufficiale che così prosegue: “Quella della Marlane è una storia lunga oltre trent’anni, sepolta da silenzi e menzogne che rischia di chiudersi per sempre, senza che giustizia e chiarezza siano state fatte. Saremo in presidio per chiedere giustizia e verità per gli oltre 200 operai morti di tumore e per le loro famiglie. Lo stabilimento Marlane è stato un centro di lavorazione dell’industria tessile aperto a Praja a mare negli anni ’70: è oggi più nota come fabbrica dei veleni che ha visto, per anni, centinaia di operai lavorare per otto ore al giorno tra i fumi delle cucine chimiche delle colorazioni senza dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti, occhiali e tute protettive) e senza controlli medici periodici. Le indagini svolte hanno portato alla luce una verità spaventosa, rendendo palese sia l’assenza di tutele per i lavoratori e sia l’interramento di rifiuti speciali nei territori circostanti. Tutto ciò avrebbe dovuto condurre la pubblica accusa verso l’unica strada percorribile per fare chiarezza: un rinvio a giudizio. Uno dei motivi a fondamento della richiesta di archiviazione è la carenza e l’incompletezza documentale che impedisce di tracciare l’esatta evoluzione della vicenda, riconoscendo comunque l’esistenza di patologie associate all’esposizione alle sostanze utilizzate nello stabilimento Marlane. Infatti, negli intonaci interni ed esterni, nei cunicoli, negli aspiratori, sulle pareti degli uffici al piano superiore, sulle pareti dei magazzini scorte e in tutti gli spazi dello stabilimento, sono stati rinvenuti alti livelli di Arsenico, Cobalto, Cromo IV, Nichel: elementi noti per essere altamente tossici per l’uomo. Il disastro ambientale è stato completamente tralasciato nonostante la contaminazione della falda acquifera sia un fatto comprovato dai continui sversamenti di sostanze tossiche contenute nei bidoni, che gli operai stessi hanno ammesso di svuotare periodicamente in buche scavate nel terreno intorno allo stabilimento. In anni di indagini e di silenzi la zona non è stata mai bonificata e ancora oggi non è stato predisposto alcun intervento. Tutto ciò dovrebbe, a parer nostro, bastare almeno per insinuare un dubbio da dover sciogliere tramite la prosecuzione delle indagini, per arrivare finalmente alla fine di questo calvario che dura, per le vittime e i familiari, una vita intera. Questa è la storia ignorata di una Calabria intera, la storia della nostra subalternità, è la storia di una politica e di una classe che si è arricchita sfruttando i lavoratori e avvelenando la terra in cui viviamo”. Conclude.
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