di Saverio Di Giorno
Se ci sarà una grande inchiesta che toccherà tutti i rapporti tra politica, imprenditoria e mafia sembrerà (o sarà?) solo uno scambio di prigionieri. I prossimi vincitori alle Regionali si potranno fregiare di essere più puliti dei precedenti e di aver ripulito la Regione. In tutto questo la magistratura avrà dato, volente o no, una mano.
Nell’archivio dell’Espresso si trova un articolo a firma di Bocca dove si riportano delle intercettazioni tra Franco Pacenza, capogruppo Ds al consiglio regionale della Calabria (oggi delegato alla sanità e da molti definito vicegovernatore di Oliverio), all’epoca in carcere per una questione di fondi comunitari e regionali, e il deputato dell’Udeur Ennio Morrone.
“Franco”, si rivolge Morrone a Pacenza parlandogli di Giuseppe Cozzolino, il pubblico ministero che ha chiesto il suo arresto: “Cozzolino è un ladro… Cozzolino è un bastardo…”. “Cozzolino…“, lo interrompe per un istante Pacenza. “Ha trent’anni“, prosegue Morrone, “è di Napoli… Sappiamo dove se la fa...”. […]
Morrone prosegue nelle rassicurazioni: “Tanto il gip sarà trasferito il 20 (agosto, ndr)... È un gip distrettuale… Ti posso garantire“, dice inoltre, “che tutti gli amici (…) Adamuccio, Nicola(Nicola Adamo, vicepresidente ds della regione Calabria, inquisito per un giro di finanziamenti comunitari, ndr), Rino, Spagnuolo, sono (…) tranquilli. E comunque ne esci senz’altro. Io mi devo muovere, Fra’”. “Chiamiamo a Serafini” (Alfredo, procuratore capo di Cosenza, ndr), propone Pacenza. E Morrone: “Ho chiamato, a Serafini: perché tu non mi hai avvertito?”.
Le reazioni all’arresto di Pacenza furono di indignazione e bipartisan: dal sottosegretario all’Interno all’epoca Marco Minniti alla deputata di FI Jole Santelli. Un nastro sul quale bisognerebbe fare luce perché oltre alle voci dei due politici e della guardia presente, se ne sente una quarta non identificata. Bocca poi ricostruisce le parentele: Ennio Morrone è padre di Manuelache è giudice alla Procura di Cosenza; che è moglie di Stefano Dodaro, capo della Squadra mobile nella stessa città; che è vicino al pm Vincenzo Luberto; che è “in stretti rapporti” (anche per essere stato alunno della madre) con Mario Spagnuolo, ex pm di Cosenza oggi capo coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro; che al mercato mio padre comprò…
Tanto basta per far sorgere almeno dubbi. Ci sono state ispezioni disposte dal ministero e tanti articoli. Da quell’articolo sono passati anni, indagini e arresti e ora si può scrivere una seconda parte. Si può ad esempio partire dall’indagine Nuova Frontiera portata avanti dal dottore Bruni che ha portato all’arresto del capo clan Franco Muto, ma aveva lasciato fuori tanti volti noti e pericolosamente vicini (stessa situazione dell’operazione Plinius). Soprattutto una fuga di notizie parlava della presenza di un importante politico locale e le fughe di notizie dalle procure non sono mai casuali. Poi Bruni è stato promosso (meritatamente) proprio quando doveva fare i passi successivi e quindi tutto è dovuto ripartire, ma senza le intercettazioni che sono sparite.
Ora le operazioni Lande Desolate e Passepartout lambiscono la politica, anche se ancora solo una parte. La prima operazione (non la seconda dove compare il sindaco di Cosenza) porta la firma anche del dottore Luberto; il pm Eugenio Facciolla, riferiva che è “in stretti rapporti” con Mario Spagnuolo ex pm di Cosenza e oggi procuratore. Luberto, inoltre, “se la fa” (per usare lo stesso gergo delle intercettazioni) con la Santelli con la quale partecipa ai ricevimenti e alle feste. Nulla di proibito per carità, ma forse è deontologicamente sbagliato, si può dare adito alla fantasia di giornalisti e osservatori troppo malpensanti. E infatti nella seconda inchiesta (dove c’è il sindaco di Cosenza), il nome di Luberto non c’è…
Si potrebbe pensare che fino a quando il cavallo vincente erano le vecchie forze non si poteva andare oltre un certo limite e ci si doveva fermare, ora però di mezzo c’è stato il terremoto elettorale del 4 Marzo 2018 e quindi quelle forze non giocheranno più da vincenti. Magari quindi ora quelle tante indagini (da Calabria Verde in giù) che toccano quei nomi delle intercettazioni possono chiudersi e sfociare in un’unica indagine.
Si potrebbe addirittura andare oltre e pensare che questi (eventuali) arresti saranno una buona arma politica che potranno sfruttare i nuovi vincitori perché nel frattempo altri accordi sono stati chiusi e i nuovi attori sono pronti ad entrare in scena (attori che si riciclano e riciclano nei nuovi carri e carrocci), che sia insomma un do ut des del tipo “io sacrifico alcune cose e tu fai carriera, ma in cambio io vinco e sto in pace”. Queste manovre emanano una puzza fortissima di massoneria …
Ma se anche non fosse esplicitamente così, se presto non si chiarirà bene tutto peserà il sospetto che sia così.In ogni caso l’effetto sarà quello.
Il M5s ha chiesto da mesi una ispezione ministeriale alla procura di Cosenza, che in pratica significa fare un’ispezione ad Occhiuto visto che lì – almeno fino a ieri – non si muoveva foglia che lui non volesse e che il nipote del procuratore fa il dirigente al Comune… Ma l’hanno chiesta a luglio e ancora non è arrivata e – se arriva – dovrà necessariamente arrivare prima del voto alle Regionali, altrimenti vuol dire che sono d’accordo pure loro. E adesso anche quest’altra botta dei magistrati indagati. Mi sa che stavolta quel patto non si potrà rispettare. Che casino!