Scalea – Esiste un filo sottile ma profondamente solido che unisce le persone. Questo filo si chiama umanità. Non solo magliette rosse ma vite che si intrecciano e che guardano al prossimo identificandolo nell’essere umano, senza alcuna distinzione. È aberrante pensare di essere incapaci di riconoscere l’unica cosa che conti: la vita. L’accoglienza deve essere certamente regolata e svolgersi garantendo la sicurezza ma deve anche preservare la sensibile umanità. E’ fondamentale che il problema migratorio sia affrontato di concerto dagli stati europei ma senza, nel frattempo, ignorare il rispetto verso la vita. Non si tratta di sterili dati numerici; si tratta di persone, di vite annientate, morti. Oggi muore un padre, domani una madre, poi un figlio o semplicemente un compagno di viaggio. Ogni giorno muore con essi un’esistenza, una storia, una parte di noi. Ogni vita persa in mare è il fallimento di tutti. Non si può cedere all’indifferenza. Non ci si può voltare dall’altra parte. Non si può andare a dormire come se la morte ingiusta non ci riguardasse, come se la vita degli altri contasse meno della nostra. La catastrofe umanitaria è una precisa responsabilità e tutti siamo chiamati, in coscienza, a risponderne. Il Mediterraneo deve continuare a rappresentare la culla della civiltà e non un luogo di morte. L’alto Tirreno cosentino ha voluto sfilare con delle magliette rosse. Un simbolo di sangue versato ingiustamente; un segnale di sensibilità per il dramma umanitario che si consuma, troppo spesso, nei nostri mari. Il desiderio di manifestare solidarietà e vicinanza nei confronti di chi ha l’unica colpa di aver cercato la speranza, affrontando una traversata in cui la morte ne ha preso il posto. Non è esattamente un viaggio di piacere. La vita non si identifica nel colore della pelle o in quello politico e l’umanità non è di destra né di sinistra, non si fonda sull’appartenenza ad un credo religioso piuttosto che ad un altro. Un incontro partecipato, emozionante e sentito. Un momento che non risolverà ma sarà la testimonianza di un’Italia in cui si è pronti a dire no ad ogni forma di superficiale ironia e di disprezzo verso la vita. Una passeggiata, dunque, per richiamare l’attenzione sulle dolorose morti che abbiamo il dovere di evitare. Quanto vale la vita di una persona? E quella di un bambino? Valgono, forse, meno perché poveri o con un colore della pelle diverso dal nostro? Eravamo anche noi profughi alla ricerca di un sogno. In verità, lo siamo ancora e non per colpa di chi arriva in Italia. Ma forse è più semplice pensare così. Richiede minore sforzo. La vita è e deve essere umanità; quella stessa umanità che le tante magliette rosse hanno voluto urlare silenziosamente e pacificamente.

Tiziana Foresteri

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