SANGUE DEL MIO SANGUE, IL LIBRO SULLA PIÙ GRANDE STRAGE FAMILIARE D’ITALIA, LA “STRAGE DI BUONVICINO”.
Il caso della “Strage di Buonvicino”, piccolo borgo pedemontano della provincia di Cosenza: 19 novembre 1996, 6 bare, tra cui una bambina di 11 anni, 2 caricatori da 15, 23 colpi sparati dalla pistola d’ordinanza, 14 ore di terrore, la vita sospesa di due bambini. I media hanno descritto la strage in maniera diretta, forte e agghiacciante. Il racconto poi è stato affidato ad una sorta di tradizione orale, tipica delle piccole comunità che ne custodiscono in silenzio il ricordo. A rompere quel silenzio l’uscita del libro “Sangue del Sangue, la storia della più grande strage familiare avvenuta in Italia, che sta riscuotendo grande eco e a sole due settimane dalla presentazione la stampa nazionale ha già attenzionato il testo. Scritto a quattro mani fornisce due chiavi di lettura quella dello psicanalista, criminologo Sergio Caruso e della testimone diretta e giornalista, Fabrizia Arcuri: “I ricordi si susseguono, i momenti di quel giorno riaffiorano nello scorrere inesorabile del tempo e della vita, ancora ritornano nei sogni”. Nel primo caso il testo ha l’intento di analizzare attraverso concetti scientifici ed etici la casistica di un fenomeno sempre più crescente definito “Family Mass Murderer” e rappresenta anche un chiaro invito alla prevenzione. Nel secondo caso, vi è una sorta di autobiografia del dolore e dell’aspetto introspettivo delle cosiddette vittime secondarie. La prefazione è del prof Francesco Bruno, allora consulente del PM, le conclusioni sono state affidate a Manuela Iatì, giornalista SkyTg24. Dopo 25 anni è la prima volta che se ne parla e a farlo anche uno dei due superstiti con una testimonianza diretta, Marco Benvenuto, che allora aveva 3 anni: “innocenza defraudata degli affetti più cari, sfregiata dalla memoria di quelle immagini difficile da rimuovere nonostante la tenera età”. Il libro finalmente ha l’intenzione di descrivere in maniera appropriata questo grave delitto e le conseguenze che ne sono scaturite, con un occhio di riguardo verso le vittime secondarie che diventano “gli invisibili”, spettri viventi dei reati violenti. Un vulnus che si manifesta nella mancanza da parte dello Stato di un supporto giusto e adeguato, questi soggetti raramente vengono seguiti in maniera adeguata e appropriata a seguito dell’evento post traumatico che segna, in alcuni casi in maniera indelebili, il percorso della propria vita. Il libro non vuole essere l’esaltazione della notizia criminis più dannosa che costruttiva, non c’è morbosità, volutamente omesse le parti più intime di un disagio personale o costruzioni mentali che non aggiungono nulla di tangibile e reale oltre quella verità del fatto, dell’atto stesso. La descrizione della scena del crimine e dell’actingout (il passaggio all’atto lesivo) sono riportati così come negli atti ufficiali del Pubblico Ministero in sede d’indagine preliminare, dai verbali delle udienze e del dibattimento davanti alla Corte di Assise. “Fuori pioggia e tuoni, forti, continui, quasi a descrivere la scena di un film di paura. Sì, tutti pensarono al peggio ma non certo a quello che da lì a poco avrebbero scoperto aprendo la porta di quella casa. Una scena esposta nei minimi particolari, scritta, protocollata, confermata sotto giuramento e che è rimasta indelebile nella loro mente”. Ma la storia trova il suo lieto fine ed è Marco, ha chiudere il libro: “Il mio spirito, pur se sempre alla ricerca di vuoti da riempire, ha trovato le sue ragioni. La cosa più bella che possa esserci è vivere e poter toccare il mondo e percepire tutte le sue meraviglie a prescindere da ciò che ti succede, trovare la voglia e la spinta per poter andare avanti. Anzi, è ciò che forgia il tuo carattere, il coraggio e la fermezza che ti spingono a dare tutto e sognare di poter fare grandi cose. Sono la rabbia, il dolore e la sofferenza che, se mescolati e incanalati nel modo giusto, trovano l’antidoto per la cura, è la benzina che alimenta la tua anima e la volontà di superare qualsiasi ostacolo. È il dolore il carburante della felicità”.
Fabrizia Arcuri Giornalista, coautrice.