Di Saverio Di Giorno
Se non fosse che è l’alto Tirreno cosentino potremmo anche essere scambiati per la California. Il famoso caldo del sud, da un po’ di anni a questa parte, pare non essere dovuto tanto al Sole, ma agli incendi che devastano il territorio e lo rendono una scenografia apocalittica. Questa volta però si è esagerato: una serie di incendi appiccati quasi in contemporanea da Tortora fino a Paola hanno paralizzato e distrutto la costa complice una notte in cui il vento infuriava. Per tempi e modalità sembra quasi un’azione ben congegnata.
Sarà bene vedere quale grande arrosto si prepara sotto tanto fumo. I sospetti sono molti e le piste possibili da seguire altrettante, che andrebbero approfondite da parte di autorità competenti che non possono semplicemente invocare l’aiuto dell’esercito (come avvenne qualche anno fa) dimostrando incapacità e impreparazione.
In Calabria si registrano più incendi che altrove e il numero si è impennato da una certa data in poi. Dopo la riforma Madia sono state soppresse le guardie forestali e quindi intervengono i 5000 dipendenti di Calabria Verde (che tra l’altro ha assorbito le ex comunità montane) pagati in questi casi con un surplus per le ORE di missione fuori. Antica diatriba: la Cassazione li considera dipendenti pubblici, ma i contratti sono privati. Ma sull’enorme “ufficio di collocamento” che è Calabria Verde, la magistratura sta lavorando e sta facendo tremare anche volti noti della politica calabrese. Poi c’è anche la questione dell’appalto per gli elicotteri vinto da Xxxxxxxxx, società di Speziali che haavrebbe avuto problemi con l’Antimafia in Sicilia. La gara d’appalto però in Calabria è stata solo sospesa e non annullata. Tansi, ex capo della Protezione Civile, ha più volte dichiarato che a Calabria Verde lavorano tante persone oneste, ma altre ci lucrano e non poco.
Le inchieste della magistratura faranno chiarezza, per ora quello che si può dire con certezza è che la riforma ha fatto aumentare l’incompetenza, le ore di missione per domare un incendio (se ne sono lamentati anche i falchi del Pollino) e quindi la capacità di gestire emergenze così impegnative. Per alcune zone (meno per la costa) potrebbe emergere un’altra interessante ipotesi suggerita tra l’altro anche da Tansi: la centrale a Biomasse di Mercure. Tansi mette in luce che il procurare legno e il suo successivo trasporto alla centrale, sono affari da milioni di euro, la cui gestione fa gola a molti. I meetup del M5s e altre associazioni se ne sono occupati a vario titolo negli anni.
Prima di arrendersi alla follia e all’irrazionalità come unica spiegazione bisogna quindi escludere varie altre strade, anche perché sembra esserci una concertazione ben precisa dietro gli incendi. I tecnici e gli operatori sul posto spiegano come siano appiccati vicino a strade, in canali dove correnti di aria soffiano più forte così da dargli forza e propagarli, e come siano studiati anche i tempi per mettere in crisi le operazioni di spegnimento: 4-5 incendi in contemporanea in più luoghi. Che ci sia una regia non è difficile da intuire. Una regia che quindi ha il controllo dei boschi e dell’entroterra molto di più di quanto lo abbia lo Stato.
Appiccare un incendio dopotutto significa aumentare aree di abbandono dove magari andare a lasciare rifiuti e cose di ogni genere; significa creare luoghi dove per un po’ di tempo nessuno mette piede … e nemmeno mattone. Esiste una legge per la quale se un’area è stata incendiata non è più edificabile per 15 anni. Gli incendi potrebbero quindi essere anche ottimi strumenti di ricatto e controllo chi volesse ad esempio impedire che vengano date concessioni edilizie. Una strategia raffinata, forse troppo per questi casi, ma è bene non lasciare nulla al caso. Anche perché questi incendi tirano a catena un’altra serie di problemi mai risolti che diventano dannosi e urgenti: cosa ne è stato delle discariche abusive, degli scarichi e dei rifiuti che abbondavano sui pendii? Si parla di plastica, copertoni e chissà che altro. O peggio: un incendio ha riguardato l’area dell’ex Marlane (Praia a Mare). Un’area abbandonata, data in parte al Comune nel contratto fatto fra il sindaco Praticò e Marzotto. Terreni tossici e pieni di tonnellate di rifiuti sotterrati dai dirigenti della fabbrica quando questa era funzionante. Procedimenti in corso. Cosa si farà?
Siamo alle solite. Se da parte della politica non c’è una risposta seria, un piano serio, si andrà solo di emergenza in emergenza, dimostrando grande debolezza e aprendo a forzature sempre più importanti. La questione degli incendi non è altro che un sintomo di un grande problema che riguarda il Sud: la riappropriazione dei territori. Ci sono intere aree delle quali lo Stato non ha più contezza e che, quando non sono nel pieno degrado, diventano territori gestiti da altre “autorità” oppure sulle quali lo Stato ha ceduto a capitali di speculazioni edilizie, come avvenuto per le nostre coste. Un antico adagio indiano ricorda che la “terra non è in eredità dai nostri nonni, ma in prestito dai nostri figli” e in qualche modo ha a che vedere con la qualità del futuro.