Soldi, gioielli e anche prestazioni sessuali in cambio di favori nei processi. Con questa accusa è stato arrestato Marco Petrini, magistrato della Corte d’Appello di Catanzaro, oltre che due avvocati, uno del foro di Catanzaro e uno di Locri.

In tutto sono otto gli indagati nell’operazione della Guardia di Finanza di Catanzaro che ha dato esecuzione all’ordinanza del gip di Salerno su richiesta della Dea del capoluogo calabrese. Sette dei coinvolti sono finiti in carcere e uno (l’avvocato di Locri) ai domiciliari.

Scoperto un presunto sistema di corruzione a favore – appunto – di Marco Petrini, magistrato presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro nonché presidente della commissione provinciale tributaria.

Secondo gli investigatori il magistrato sarebbe intervenuto, in cambio di consistenti somme di denaro, oggetti preziosi e anche prestazioni sessuali per ottenere sentenze o comunque provvedimenti in proprio favore.

Oltre al magistrato Marco Petrini, una figura centrale sarebbe stato un insospettabile: un medico in pensione ed ex dirigente dell’Asp di Cosenza. Costui oltre a stipendiare mensilmente il magistrato per garantirsi l’asservimento stabile delle funzioni dello stesso si prodigava altresì per procacciare nuova occasione di corruzione proponendo a imputati o apparenti di imputati condannati in primo grado nonché a privati soccombenti in cause civili decisioni favorevoli in cambio del versamento di denaro di beni o di altre utilità.

Le azioni correttive e documentate anche con attività di intercettazione audio e video servivano anche a fare ottenere il vitalizio a un ex politico calabrese che nel corso della quinta legislatura regionale ricopriva la carica di consigliere della Regione Calabria.

Quest’ultimo era stato condannato nel 2004 alla pena detentiva di 6 anni di reclusione con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e per tali motivi era decaduto dal relativo assegno vitalizio per la carica rivestita, ad agevolare per alcuni candidati il superamento del concorso per l’abilitazione alla professione di avvocato.

È stata altresì accertata nel corso delle indagini la grave situazione di sofferenza finanziaria in cui versava il magistrato arrestato compiutamente ricostruita sulla base di accertamenti bancari e sulla base della conversazioni intercettate. Si trattava di una condizione cronicizzate assolutamente non risolvibile nel breve periodo che poneva il magistrato stabilmente nella necessità di procurarsi la disponibilità oltre lo stipendio di magistrato e compensi quale giudice tributario di somme di denaro in contante anche per mantenere l’elevato tenore di vita.

Durante la perquisizione nell’abitazione del magistrato Marco Petrini è stata rinvenuta è sequestrata la somma contante di 7.000 euro custodita all’interno di una busta. Oltre all’esecuzione delle misure cautelari sono state disposte ed effettuate numerose perquisizioni nei confronti di altri indagati, terzi e società.

Il giudice avrebbe anche “aiutato” alcuni candidati a superare il concorso per diventare avvocato. 

In alcuni casi i provvedimenti favorevoli richiesti dal magistrato e dal consigliere regionale  promessi o assicurati erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciata in primo grado dai Tribunali del distretto di Catanzaro, provvedimenti di misure di prevenzione già definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa Antimafia nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari.

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