Di Saverio Di Giorno

Questa è la seconda parte di una storia in parte già conosciuta. I nuovi elementi (a disposizione delle autorità che vogliano acquisirli) e i fatti più recenti permettono, però, di leggerla in maniera differente.
Nella prima parte, si è potuto documentare come ci siano delle responsabilità politiche nella creazione del dissesto del comune di Scalea. Se non altro nel non averlo voluto evitare. Responsabilità a cui concorrono le banche. Non solo, ma i dati a cui ha avuto accesso Renato Bruno permettono anche di affermare che ci sia una volontà politica nel provocarlo per creare posizioni di vantaggio e di subalternità ad alcuni membri che si trovano poi in situazioni di conflitto di interessi.
E questi membri sono stati identificati, non tanto nelle componenti politiche del comune, ma in quelle tecniche. Nell’esercito di tecnici degli uffici inamovibili che fanno da trade union tra un’amministrazione e la successiva (e spesso anche con altre amministrazioni) e muovono la macchina burocratica.
La parte politica ha spesso un ruolo tanto marginale quanto funzionale e nel prosieguo sarà evidente. Il dissesto economico ha avuto un ruolo essenziale negli eventi precedenti all’operazione Plinius. In generale tutta l’area riguardante i tributi. Secondo il segretario dell’epoca, il sindaco Basile, assalito dai creditori, cercava di organizzare una riscossione crediti. Poi risolse il contratto con la Censum spa. Si fece scrupoli persino per il fatto che l’Hotel Felix fosse unico assegnatario di un bando (progettista un suo parente).
Se di certo non si può descrivere la figura del sindaco come quello della bella addormentata nel bosco, ci sono alcune intercettazioni che lo vedono descritto come un soggetto difficilmente controllabile dalla ‘ndrina Valente. L’avvocato Nocito e Pietro Valente parlano di Basile, “ricordando le spese fatte in campagna elettorale per farlo eleggere, Nocito dice che sono sei mesi che non intende più rivolgere la parola a Basile, che si accompagnerebbe agli uomini di Stummo, recandosi tutti i giorni a pranzo a mare da quello’”. Queste le intercettazioni esaminate dai giudici.
Ma le parte più interessanti sono quelle riguardanti appunto il dissesto. C’era la volontà del sindaco di istituire una commissione che avrebbe messo in imbarazzo la precedente, quella di Mario Russo. Per forza di cose. E qui, forse, è il caso di riproporre un’intercettazione sulla quale probabilmente ci si è soffermati poco: quella tra Mario Russo e Riccetti. L’ex sindaco afferma: “non posso farlo cadere perché altrimenti non posso ricandidarmi”.
Un ex sindaco che afferma di avere la forza di far cadere un’amministrazione retta da clan. Forse millantato credito, “spacconaggine” come si dice, ma bisognava verificare. Invece l’inchiesta ha spazzato via un sindaco (Basile) che a quanto pare stava antipatico ai Valente e rischiava di imbarazzare lo stesso Russo. Inchiesta che ha lasciato totalmente fuori lo stesso Russo. Inchiesta condotta dal pm Luberto.
Alla luce delle nuove indagini riguardanti Luberto e di queste intercettazioni passate in sordina, è quantomeno lecito il dubbio che il Luberto abbia riservato un trattamento di favore a Russo esattamente come avrebbe fatto in altri casi. Sempre stando alle indagini di Salerno.
Ad acuire i dubbi sarebbe anche un altro episodio riportato da un’altra fonte. Di questo, tuttavia, non siamo in grado di fornire documentazione. Si tratterebbe di un incontro dell’ex sindaco Russo con il giudice Cosimo Maria Ferri. Quel che è certo è che il giudice non è estraneo a questi territori. Proprio quel giudice implicato nello scandalo Palamara per lo spostamento e la promozione dei vari pm nelle procure. Proprio quel Csm che ha spostato al volo Facciolla, ma non ha spostato Luberto nonostante su entrambi ci siano indagini.
In ogni caso, anche fosse, un incontro non è dimostrativo di alcunché. Non è questo che solleva i dubbi, ma l’insieme di dati e nomi riguardanti il dissesto e i suoi responsabili e poi gli obiettivi dell’operazione condotta da Luberto. Ecco, quindi, che spesso i sindaci e gli esponenti politici sono “solo” dei frontman, al contempo complici, ma anche vittime ricattabili di poteri economici che possono essere facilmente sacrificati.
Sarebbe necessario fare chiarezza su questi passaggi a tutela stessa della magistratura stessa, nella quale, i cittadini calabresi stanno riponendo grande fiducia e che rischia di apparire come esecutrice di aggiustamenti masso-mafiosi. Claudio Cordova nel suo libro Gotha (in riferimento alla situazione nel reggino) spiega come gli arresti possano sostituirsi agli omicidi.
E poi perché sia episodi di dissesto economico sia quelli di intercettazioni fantasma non sono nuovi nelle cronache dell’Alto Tirreno. Potrebbe trattarsi di un medesimo pericoloso sistema che lascia fuori volutamente individui ai quali i cittadini ignari o succubi continuano a dare fiducia seguendo le indicazioni di voto.

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