Cari colleghi, viviamo un momento difficile in tutto il Paese, anche nella nostra Regione. Le notizie, spesso non controllate, ogni giorno, anzi ogni ora, riportano dei dati drammatici, relativamente a questa grande epidemia che attraversa il mondo. Ma credo che, in momenti come questi, sia necessario fermarci un attimo a riflettere, senza farci travolgere dalle emozioni. Ed è proprio una riflessione sul nostro ruolo, sul nostro impegno, sulle nostre scelte di vita, che voglio condividere con voi. Come molti sanno, sono il medico che ha avuto l’assai dubbio privilegio di trattare il primo caso, purtroppo non l’unico ormai, positivo al COVID-19 in Calabria. Accanto a me , con impegno ancora più rilevante del mio, sono stati altri colleghi, in particolare il personale sanitario, infermieri e medici, del servizio dialisi di Cetraro. Li ringrazio tutti, non perché siano degli eroi, ci vuole ben altro per essserlo, ma perché hanno semplicemente fatto il loro dovere. Di questi tempi non è poco. Oggi le notizie purtroppo ci inducono a pensare che, anche in Calabria, l’epidemia sia in fase di espansione, ed ognuno di noi é consapevole di quanto fragile sia il nostro sistema sanitario, mortificato nel corso degli anni, da scelte politiche, che definire scellerate é persino troppo facile. Ascolto le lamentele di molti colleghi, le paure e la rabbia per la mancanza dei presidi più elementari di protezione, per l’ assenzadi una guida autorevole e competente, ma anche l’appello di pazienti che, senza avere alcun fattore di rischio per l’attuale epidemia, si sono sentiti rifiutare una visita per le più disparate patologie. Sinceramente mi ha fatto più male ascoltare queste seconde grida. Come tutti voi so bene in che condizioni versi la nostra sanità, come tutti voi faccio parte di un esercito mandato a combattere spesso senza armi o con armi obsolete, come tutti voi sono indignato, arrabbiato e stanco. Ma é proprio in momenti come questi che occorre recuperare il senso più profondo e vero della nostra professione. Parafrasando le bellissime parole di un grande presidente degli Stati Uniti smettiamo di lamentarci per ciò che il nostro sistema sanitario, che i nostri politici, commissari, direttori generali non fanno e chiediamoci invece quello che noi possiamo fare per gli ammalati. Io non ho paura e non perché come con fraterna preoccupazione afferma qualche collega a me assai vicino, sia un incosciente ma perché con le competenze che grazie ai miei studi, che sono anche i vostri, possiedo sono in grado di proteggermi, consapevole comunque di correre dei rischi, che la nostra professione ci impone. Io non ho paura, ma riconosco ad ognuno di voi il diritto di averla, ma ad ognuno di voi ricordo il dovere di essere medico, che deve essere assai più forte di ogni paura. Esorto ognuno a ritrovare e rinnovare le ragioni che hanno spinto un adolescente a scegliere questo mestiere. Riprendiamo a fare i medici, senza nemmeno giudicare o peggio disprezzare chi non ha o non avrà oggi coraggio di farlo, perché è nei momenti di crisi che emerge il lato migliore di ognuno di noi. Con grande affetto e stima.
Roberto Pititto, Segretario Regionale Sindacato Medici Italiani