di Carlo Di Foggia
Fonte: Il Fatto Quotidiano
La politica italiana si specchia nelle grandi opere, ma sul mitologico “Ponte sullo stretto di Messina” si assiste a un balletto inquietante. Nel 1984, il ministro del Mezzogiorno, Claudio Signorile, annunciò in pompa magna che “il ponte si farà entro il 1994”. Non era nemmeno stato deciso se fare il ponte o un tunnel sotto il fondale (“subalveo”) o, come propose l’Eni, un tunnel (“alveo”) ancorato al fondale. Era ancora in piedi la commissione che doveva valutare i 143 progetti del “Concorso Internazionale di idee” lanciato nel 1969. Ci sono voluti 20 anni per concludere che l’unica soluzione era il ponte. Il progetto è stato portato avanti nonostante la valanga di critiche e dubbi sulla fattibilità. Cinquant’anni dopo siamo ancora lì.
La ministra dei Trasporti Paola De Micheli ha appena nominato una commissione di 16 esperti “per capire qual è lo strumento migliore per collegare Sicilia e Calabria. Su ferro, su strada e con una pista ciclabile”. Le ipotesi – si apprende – “sono tre: il ponte, il tunnel subalveo o il tunnel alveo”.Sembra uno scherzo. Nel 2012 il governo Monti fermò il progetto scatenando la guerra legale col consorzio Eurolink, capeggiato da Salini Impregilo, che aveva vinto la gara del 2005 e pretende le mega penali concesse da un accordo segreto col governo Berlusconi del 2009 (in primo grado ha perso).Ora si ricomincia. Matteo Renzi sostiene le ragioni dell’amico Pietro Salini, che chiede miliardi allo Stato. Il viceministro ai Trasporti Cancelleri (5 Stelle) sponsorizza il progetto del tunnel subalveo dell’ingegner Giovanni Saccà. De Micheli avvia commissioni.
Il partito del cemento ha trattato per decenni i critici del ponte come terrapiattisti, oggi la politica ci dice che forse il Ponte non va bene, meglio il tunnel. Dopo la commissione sarà affidato un nuovo “progetto di fattibilità”. Altri soldi, dopo i 300 milioni già spesi per alimentare – come per il Tav Torino-Lione (e magari con fondi europei) – il mondo di mezzo fatto di professionisti e burocrati che fa del battersi per un’opera (meglio se irrealizzabile) un mestiere redditizio. Forse serve anche a dare l’alibi al mega progetto di portare l’alta velocità ferroviaria in Sicilia. Salini, intanto, festeggia.