Di Maria Lombardo

Due condanne ed un’assoluzione. Si è concluso con questo esito il processo denominato Purgatorio, che vedeva imputati dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia, l’ex capo della Squadra Mobile Maurizio Lento, il suo vice Emanuele Rodonò e l’avvocato Antonio Galati. Proprio nei confronti di quest’ultimo i giudici hanno emesso il verdetto di condanna più pesante. Ad Antonio Galati sono stati inflitti 4 anni ed otto mesi di reclusione per “concorso esterno in associazione mafiosa”. Condannato ad un anno, invece, Emanuele Rodonò per violazione del segreto d’ufficio (pena sospesa). Assolto invece Maurizio Lento. Il procedimento ha visto sfilare nell’aula bunker del Tribunale di Vibo Valentia anche magistrati, oltre che alti dirigenti della Questura di Vibo Valentia. Certamente uno dei procedimenti più importanti, per la rilevanza delle accuse e per i ruoli di vertice, occupati da alcuni degli imputati. Procedimento che in un’occasione si è anche tenuto a porte chiuse e che ha visto l’intervento di un collaboratore di grande peso nel panorama vibonese, ossia Andrea Mantella. Ricordiamo che l’avvocato Antonio Galati, del foro di Vibo Valentia, era accusato del reato di associazione mafiosa per aver agevolato il clan Mancuso; Maurizio Lento, dirigente della Squadra Mobile di Vibo Valentia, ed Emanuele Rodonò, suo vice, erano imputati del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo il pubblico ministero, l’avvocato Galati “usufruendo dei suoi contatti istituzionali, li usava per dirottare le indagini sugli avversari della frangia facente capo a Luni “Vetrinetta” Mancuso”. E proprio il Galati, in alcuni dialoghi intercettati dagli inquirenti, conia il termine di “Fantandrangheta”, in riferimento al potente clan di Limbadi, funzionale a ridimensionare le accuse mosse nei confronti dello storico clan dei Mancuso. Diversi poi gli episodi citati dal pm: dalla presenza dell’avvocato Galati in occasione della notifica dell’avviso di esecuzione dell’autopsia sul corpo della moglie di “Scarpuni”, suicidatasi; alle conversazioni intercettate tra Galati e alcuni magistrati in servizio a Vibo, dalle quali “traspare l’esistenza di contrasti e divergenze di vedute esistenti all’epoca tra magistrati in ordine alla frequentazione del locale ‘Filippo’s’”. Termine di cui noi di Pillamaro abbiamo trattato ampiamente. Il pubblico ministero Frustaci, dopo una requisitoria snodatasi per più udienze, ha chiesto al Collegio giudicante di riconoscere la responsabilità penale degli imputati con la condanna ad anni sette e mesi otto di reclusione per Antonio Galati; anni sei di reclusione per Maurizio Lento; anni sei e sei mesi di reclusione, riconosciuta la continuazione con il reato di rivelazione di segreto d’ufficio per Maurizio Rodonò. Il pm ha altresì annunciato il deposito di una memoria, con richiesta a norma dell’articolo 523 del codice di procedura penale di ammissione di prove, per le quali il collegio si è già pronunciato con provvedimento di rigetto; ha richiesto, infine, la trasmissione degli atti al proprio ufficio per valutazione della posizione di un teste. Nel procedimento si sono costituite come parti civili la Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero dell’Interno, il Comune di Limbadi e la Regione Calabria, e Amministrazione provinciale di Vibo.