I toni usati sono come al solito istrionici e sopra le righe, ma non rendono per questo piu’ leggeri i messaggi. Antonio Valerio, vulcanico collaboratore di giustizia e testimone chiave dell’accusa nel maxi processo Aemilia contro la ‘ndrangheta, e’ tornato questa mattina a prendere la parola per ribattere agli avvocati degli imputati, che durante tutta la fase dell’istruttoria dibattimentale hanno cercato di demolirne la credibilita’.
Leggendo per oltre un’ora un memoriale (che consegnera’ ai giudici) Valerio rimarca invece l’inattaccabilita’ della sua ricostruzione del sodalizio malavitoso radicato a Reggio Emilia e dipendente dalla famiglia Grande Aracri di Cutro. Ma in piu’, parlando del “passato, presente e futuro della ‘ndrangheta a Reggio Emilia”, ipotizza possibili scenari che non lasciano tranquilli. Per prima cosa, accettando la definizione di“pitagorico” che un avvocato difensore gli ha affibbiato, Valerio dice di se’: “Sono certo che anche Tommaso Buscetta si alzerebbe dalla bara per complimentarsi con Valerio perche’ era un pentito troppo avanti per i mafiosi di quel periodo storico. Oggi e’ il medesimo momento storico della ‘ndrangheta qua a Reggio Emilia e i vuoti di meraviglia e di stupore e sconcerto, come quelli dei primi uomini che guardavano il mondo ve li ha colmati Valerio con la guida e con la verita’”.
Dove c’e’ stato un omicidio, sottolinea il pentito, “ho messo nomi e cognomi, autori e fatti come si sono svolti. Sull’associazione ho fatto centinaia di nomi e cognomi di partecipanti alla ‘ndrangheta”, con riscontri “precisi gravi e concordanti e non solo per i fatti di sangue del ’92”. Ma oggi c’e’ una fase nuova, sintetizzando, quella di una ‘ndrangheta a Reggio Emilia “autonoma, evoluta e tecnologica”.
Una ‘ndrangheta “5.0” in cui “i vecchi dogmi e il nuovo vanno a braccetto ma e’ il nuovo che avanza”. Da qui il monito di Valerio: “Non illudetevi che la ‘ndrangheta e’ finita con l’operazione Aemilia. Si sta riorganizzando con metodi nuovi e non mancano le giovani leve. Io stesso nei incontrai almeno una ventina nel bar ‘Revolution’ dei fratelli Muto. A Reggio Emilia siete tutti, nessuno escluso, sotto uno stadio di assedio e di assoggettamento ‘ndranghetistico che non ha eguali perche’ nemmeno i terroristi arrivarono a tanto. Non e’ finito niente”.
Continua Valerio: “Il potere non lo mollano e la linea di comando c’e’. Dopo Carmine Sarcone c’e’ Beppe (Giuseppe) Sarcone e gli Amato (Alfredo e Francesco, sinti imputati nel processo) creano instabilita’ nella consorteria, ma possono aspettare, devono aspettare. Oppure devono sparare se vogliono il comando come abbiamo fatto noi cutresi nel ’90”. Secondo il collaboratore poi “ora sono le donne a comandare questa associazione da quando i mariti i fratelli e i cognati si trovano in carcere” e “gli appartamenti in permuta sono la criptovaluta spendibile cash della ‘ndragheta. Meglio dei bit coin”. Valerio accenna anche al motivo per cui ha licenziato il suo precedente difensore Alessandro Falciani: “Non condividevo nulla della sua linea ed e’ stato rimosso”.
Infine lancia una stoccata agli imputati, che piu’ volte si sono difesi sostenendo di essere discriminati per le loro origini meridionali: “Non sono le nostre origini la discriminante – scandisce Valerio – ma cio’ che siamo: mafiosi e ‘ndranghetisti e maledettamente organizzati” (fonte Dire).