Di Saverio Di Giorno

Pallaria doveva rimanere al suo posto.

Aver voluto la sua testa rende chi l’ha chiesta uguale a Pallaria. Consapevole di questo, dico alle Procure che indagano chi è già condannato e alla gente che urla solo contro chi è debole: avete ragione. “Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere, e chi rifiuta di essere scandalizzato è un moralista, il cosiddetto moralista.” (Pasolini)
Dopo lo scandalo di Report, Pallaria si dimette. Dopo il polverone sulla clinica Tirrenia Hospital, si muovono le istituzioni. È lo scandalo “che move il sole e l’altre stelle”. Lo scandalo è la catarsi di una società. È il meccanismo che muove le sue parti. E quindi, ecco la confessione: la scrittura spesso cerca l’allarme, la provocazione, la tensione. Non diversamente delle persone, delle istituzioni e della politica.
Come in qualsiasi momento di debolezza, tutti i problemi irrisolti esplodono con maggiore insistenza: le carceri, i senza tetto e la sanità meridionale e calabrese. Ma divengono anche più potenti tutte le passioni e le pulsioni: quella autoritaria e quella della paura, nel caso italiano. Questo il motivo per cui l’epidemia non cambierà nulla, ma accelererà solo quello che già era in corso. Ma il punto è un altro.

Più volte nello scrivere ci si domanda se sia il caso di creare l’allarme, a maggior ragione in questo periodo. Più volte sono capitate nelle mani o sui giornali, fatti, come si dice “scottanti”, di cui pure si è scritto e riscritto in altri tempi: intercettazioni, rifiuti, russi, armi; e sulla stessa sanità la stampa ha scritto e riscritto. Inchieste documentate, dettagliate, ricche di riferimenti precisi. Sullo stesso Pallaria, senza che nessuno ne chiedesse le dimissioni.
E allora ecco, che lo scandalo è funzionale a tutti. Perché lo scandalo attira attenzione. Prima di tutto a chi si indigna: l’opposizione, le sigle sindacali e tutti i controllori vari. Possono mostrare a tutti, sotto i riflettori, che fanno i loro dovere, così poi dopo lo scandalo possono continuare a non occuparsi di nessuna questione, senza destare sospetti. È funzionale allo stesso travolto dallo scandalo che può avere visibilità e con un “gesto di responsabilità” (in questo caso le dimissioni) può salvare la faccia e sparire nel cono d’ombra. È funzionale a tutti gli altri che hanno permesso e beneficiato della situazione, perché lo scandalo riguarda una sola persona o al massimo qualcuno e non prevede mai nessuna analisi. Perché Pallaria sì, ma tutti gli altri che hanno permesso la nomina, che hanno firmato atti, che ci hanno lavorato vicino e affianco, no. È funzionale, finalmente, alle procure che, anche in questo caso, a favore di telecamere possono mostrare la testa penzolante alla folla, muovendosi con una celerità che diversamente non avrebbero mai avuto. Perché ormai la bestia è ferita e zoppicante, è isolata, gli amici se ne sono andati e magari si può far carriera.
È funzionale, infine, alla stessa gente che rispolvera attenzione e senso critico verso la società solo con chi è ormai indebolito (dallo scandalo), guardandosi bene da urlare contro chi è invece seduto comodo.
In questo macabro gioco all’assalto, in questa spirale morbosa tutti sono complici. Il potere, che non può che dare in pasto qualcuno alla gente e alla magistratura per legittimarsi; la gente per scaricare la tensione, la magistratura per giustificare il suo ruolo e i giornali per creare lo scandalo e dar senso ad una sceneggiata che, altrimenti, senza fotografi e scrivani non avrebbe senso.

Ogni scandalo in realtà non mette in difficoltà il potere, ma lo aiuta, perché chi è oggetto di scandalo e di attenzione è già debole e malato. Fa parte del vecchio potere, e il nuovo sfrutta lo scandalo per cacciare il vecchio, distrarre la folla e quindi legittimarsi. Lo insegnano tutti i grandi maestri corsari che ne hanno fatto ampio uso, da Pasolini a Foucault.
Per questo, credo che l’epidemia non abbia salvato chi era oggetto di indagine prima, anzi, ha reso necessarie e urgenti quelle indagini. Ai perdenti delle elezioni e a chi è rimasto fuori dalle segreterie, dico di essere più preoccupati di prima perché ora bisognerà calmare la gente che ha preso di colpo coscienza e bisognerà dargli in pasto qualcuno. Non è giustizialismo, è il mondo che gira così da Socrate in poi e può girare solo grazie a questo.
E quindi i giornali, il cane da guardia del potere, in realtà lo aiutano? Sì. Non si può entrare in arena senza sporcarsi. Non rifiutare lo scandalo, ma utilizzarlo per avere uno spazio di parola e soprattutto di ascolto che altrimenti non si avrebbe. Per essere da pungolo alle persone e alle procure, a patto di esserne consapevoli. Esserne colpevolmente consapevoli.
Fare il gioco del potere non abbatte il potere. No, certo. Ma definisce le parti e se non si può essere vincenti contro il potere e addirittura nemmeno contrari (perché combatterlo significa aiutarlo) ci resta solo non essere il potere. Eternamente altrove, eternamente stranieri, eternamente sconfitti.
Ben venga lo scandalo. “E io voglio vedere (…) scoppiare uno scandalo al giorno, all’ora: ministri, gente di direzione, industriali, gente incriminata in tangenti, in furti, una schifezza; tanto che sui giornali fanno più presto a fare la lista dei ministri che quel giorno non hanno rubato.
Perché finalmente si arriverà al punto che anche noi italiani potremo gridare: Per Dio, siamo immersi nella merda fino al collo, ma è per questo che camminiamo a testa alta!” (Dario Fo)

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