Da Iacchitè.blog

L’impero di Franco Muto raccontato dal Nucleo Regionale di Polizia Tributaria di Bari nell’ormai lontano 1985. Il documento lo abbiamo cercato a lungo nel periodo in cui, a decenni di distanza, era riemerso il lavoro ispettivo del magistrato Francantonio Granero. E se la prima parte di quella relazione era abbastanza conosciuta, altrettanto non lo era invece il lavoro investigativo della Guardia di Finanza di Bari, che già allora spiegava quanto fosse tentacolare l’organizzazione di Franco Muto.

Il documento era stato presentato nell’ormai famoso processo di Bari per l’omicidio di Giannino Losardo al clan Muto e ai magistrati più in vista della procura di Paola per quello che era un esempio lampante di trattativa mafia-stato sul territorio. Quel processo non solo si risolse in una bolla di sapone ma arrivò addirittura a negare che l’organizzazione di Franco Muto fosse mafiosa. Un teorema pazzesco, che ancora oggi, a 34 anni di distanza, regge ed è consolidato. Incredibile, ma vero.

“… Rinella (il sostituto procuratore dell’epoca del processo di Bari, ndr) è come se avesse parlato solo nel deserto – scrive Luigi Michele Perri nel suo libro “Come nasce una mafia” – perchè le sue tesi non hanno avuto la benchè minima accoglienza… Non c’è una parola che valga più dei rapporti dei carabinieri, delle testimonianze, delle requisitorie e dei motivi di appello proposti dalla pubblica accusa. Secondo alcuni, potrebbe sopravvivere in parte un rapporto della Guardia di Finanza, a quanto pare, intonso in alcuni suoi passaggi, come quello relativo ai presunti collegamenti del boss Muto con società finanziarie al centro di importanti investimenti. Ma il problema è la ricostruzione storica degli avvenimenti in rapporto agli sviluppi successivi, che altrimenti sfuggirebbero alla comprensione dei più. E che l’opinione pubblica debba capire il più possibile su fatti così allarmanti, che così da vicino la interessano, è esigenza che non può incontrare opposizioni”.

IL RAPPORTO DELLA GUARDIA DI FINANZA

Prima di rapportare l’esito delle indagini e degli accertamenti nei confronti di Muto Francesco e delle altre persone allo stesso associate nel procedimento penale… si reputa opportuno riportare alcune riflessioni sul fenomeno delinquenziale quale è quello rappresentato dal Muto nel contesto sociale calabrese, allo scopo di chiarire i criteri e le priorità tenute a base dell’azione operativa…

Un attento esame dell’attuale fenomeno criminale che, per le peculiari caratteristiche dei comportamenti, opportunamente codificati nella legge 646/1982, è da definirsi di “stampo mafioso”, permette di configurare non già una fattispecie delinquenziale di tipo parassitario bensì un dinamico complesso articolato in imprese solo apparentemente lecite.

Esse si rendono necessarie per poter gestire la grande quantità di denaro rastrellato per mezzo di reati con immediate finalità finanziarie quali: contrabbando, estorsioni, rapine, furti, sequestri di persona, traffico di droga eccetera. In questa fase l’omicidio è molto frequente perché ogni “famiglia” o “cosca” ha interesse ad estendere e consolidare il proprio dominio, come per la conquista d’un territorio.L’impresa mafiosa si inserisce, dunque, nei vari settori produttivi: dall’edilizia agli appalti delle opere pubbliche, dalle attività commerciali a quelle di import-export, alle holding finanziarie, sempre comunque in attività che permettono di investire e riciclare il capitale. In tale contesto anche l’evasione fiscale può avere carattere mafioso per le ingentissime somme che consente di realizzare.

A tutto questo si aggiunge che l’impresa mafiosa, per la sua apparenza di legalità, riesce benissimo a mascherare il denaro sporco, generando a sua volta altra ricchezza, potendo operare sul mercato in condizioni di vantaggio e usufruendo, magari, di agevolazioni e provvidenze come mutui a bassi interessi eccetera.

In tal modo, si formano dei “rientri” e “risparmi” di danaro che tornano ad incrementare le possibilità finanziarie dell’organizzazione criminale ed il circuito si chiude. Ma intanto si sarà effettuata l’eliminazione della concorrenza e l’acquisizione di mercati sempre più vasti. L’impresa mafiosa si è perfettamente adeguata ai nuovi metodi del mondo economico in cui riesce facilmente a penetrare.

Da tutto questo deriva un forte aumento dei profitti dell’attività criminale e quindi la necessità di ulteriori investimenti in altre attività di sicuro rendimento. E’ in questa fase che si verifica l’inserimento nell’organizzazione di personaggi di tutto rispetto e di professionisti in grado di dar vita a movimenti finanziari tramite banca, tali da consentire il reimpiego di capitali sporchi oltre che ad una qualche sporadica attività “pulita”.

Praticamente, quella del riciclaggio dei capitali “sporchi” e la conseguente necessità di reinvestirli in attività produttive “credibili”, almeno dal punto di vista formale, è una sorta di circolo chiuso dal quale l’impresa “mafiosa” non può uscire e del quale, con il tempo, diviene vittima. Tali operazioni, seppure complesse e complicate, non possono prescindere dall’utilizzo dello strumento bancario, in una delle diverse fasi dell’operazione e dal creare supporti cartacei di copertura. Di qui, il convincimento che una proficua attività accertativa, non può non basarsi nella scomposizione della “ricchezza” accumulata nelle diverse componenti, mobiliari ed immobiliari, individuando così i vari periodi di formazione della stessa, e, all’interno di ciascun periodo, seguendo il danaro, cercare di ricostruire i singoli rapporti economici o di semplice scambio come emerge dai movimenti di capitali. Soltanto così è possibile provare ed evidenziare quei rapporti di “interesse” e quei collegamenti che caratterizzano all’interno una impresa e una associazione di “stampo mafioso”.

Nella fattispecie che ci riguarda e vale a dire l’associazione facente capo a Muto Francesco, questo Comando ha proceduto ad un minuzioso esame patrimoniale e bancario di tutte le posizioni iscritte ai componenti il nucleo familiare dei Muto, con particolare riferimento alle attività commerciali agli stesse intestate o riconducibili… In esito a tali accertamenti, è stato possibile definire l’assoluto regime di monopolio instaurato dal Muto lungo il litorale tirrenico-calabrese per quanto concerne la compravendita di prodotti ittici;

l’assoluta sproporzione tra gli effettivi proventi di tale attività commerciale e le risultanze contabili degli atti;

la diretta interessenza del Muto in attività economiche intestate ad altre persone quali quelle in capo a Tavola Vincenzo, ai fratelli Iorio, a Ianni Franco, da Paola, a Lento Giovanni da Scalea, quelle immobiliari di Surace Giuseppe da Diamante e quelle intestate o riconducibili agli interessi di Zavatto Angelo;

gli interventi finanziari effettuati direttamente o per il tramite di altre persone fidate in aziende immobiliari….

1 – (continua)