La storia che vi racconto è una storia come tante altre, una storia che si è evoluta nel disagio di un sistema che funziona male e di una società che non ama i suoi figli…
Mio padre, morto all’Annunziata giusto ieri è l’espressione di un’Italia che muore ogni giorno per le mancate responsabilità, per la superficialità e l’indifferenza. Abbiamo trascorso con lui gli ultimi 30 giorni nei corridoi dell’Annunziata, abbiamo perso la dignità insieme a quei malati trasportati come spazzatura in lungo e largo su strade incerte, abbiamo visto lasciare con incuria a terra i vassoi del cibo destinati a reparti davvero delicati, abbiamo lasciato dei fazzoletti nella sala d’attesa con la speranza di non trovarli il giorno dopo e siamo rimasti sempre delusi…abbiamo visto malati passare nella ginecologia per andare in sala operatoria assaliti da gente che aspettava di entrare in reparto.
Ci siamo caricati delle emozioni dei nostri compagni di sventura e le nostre vite di botto sono diventate una vita sola…
In tutto ciò abbiamo avuto la fortuna di incontrare medici e personale professionale, di frontiera, umano e delicato che ha lottato con noi fino alla fine… Ecco questo per dire che quello che ci lascia indietro rispetto al resto del mondo è la gestione di ciò che abbiamo, è quella meritocrazia che nella nostra Calabria lascia il posto allo sporco servilismo…
Ma la storia di mio padre è una storia che inizia molto prima, inizia nel disagio dell’ignoranza e della mancanza di valori. Un uomo onesto è stato ucciso dalla superficialità, tutte le volte che ai nostri figli diamo in mano la possibilità di mettersi in sella a una moto senza trasmettergli che una moto senza responsabilità può uccidere, tutte le volte che ai nostri figli non insegniamo il valore della vita, tutte le volte che ai nostri figli non insegniamo il rispetto, tutte le volte che ai nostri figli non facciamo capire il valore delle cose, ognuna di queste volte stiamo uccidendo il futuro!”