Un «radicamento» nelle quattro province della Liguria, «di singoli esponenti o di interi gruppi familiari, considerati autentiche proiezioni extraregionali delle cosche calabresi». Sono le relazioni dell’Antimafia a suffragare i timori del presidente di Anac, Raffaele Catone, che il 10 ottobre scorso in Commissione Trasporti e Ambiente della Camera ha parlato del rischio «di infiltrazioni mafiose» nei lavori per la ricostruzione del ponte Morandi di Genova. Una posizione che coincide con quella del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, che ha condiviso l’allarme di Cantone.
Infiltrazione nel «tessuto politico-amministrativo e dell’economia»
Nei documenti della Direzione investigativa antimafia c’è tutta una parte dedicata proprio alla presenza in Liguria della ’ndrangheta, la potente organizzazione calabrese che ricicla denaro sporco nei settori dello smaltimento rifiuti e del movimento terra. La guardia è alta: tutto è rimesso al sindaco di Genova e commissario per la ricostruzione, Marco Bucci, che dovrà gestire tutto «in deroga alle norme dell’ordinamento italiano», come recita l’articolo 1 comma 5 del decreto Genova. Gli accertamenti, infatti, hanno svelato come la ’ndrangheta sia divenuta “leader” in Liguria nel settore del movimento terra, occupandosi anche di demolizioni.
La cosca Raso-Gullace-Albanese e gli interessi nelle Grandi Opere
Una inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Genova ha «accertato la capillare infiltrazione della cosca» Raso-Gullace-Albanese di Civitanova (Reggio Calabria) «nei settori vitali dell’economia» ligure. In particolare la potente organizzazione criminale ha riciclato denaro sporco e gestisce imprese che si occupano «di grandi opere, movimento terra, edilizia (…) smaltimento e trasporto di rifiuti speciali», comparti fondamentali per l’abbattimento e la ricostruzione del ponte Morandi.
I lavori sul Terzo Valico
Gli inquirenti hanno scoperto gli interessi anche sugli appalti del Terzo Valico, la linea ad alta velocità Genova-Milano, un’opera da 6,2 miliardi di euro. L’allora procuratore di Reggio Calabria, Cafiero De Raho, disse che la ’ndrangheta era riuscita a mettere le mani su quella commessa, sovvenzionando anche i comitati attivi sul fronte del Si Tav.
Il Sole24ore