Di Claudio Cordova – Dopo un’infanzia drammatica, caratterizzata anche dall’aver subito abusi sessuali, inizia a muovere i primi passi da criminale già da minorenne, in provincia di Biella, in Piemonte. Simone Canale, oggi quasi 39enne, è un ragazzino sveglio e ben presto entra a contatto con la ‘ndrina distaccata che si muove su quel territorio: quella dei Raso di Cittanova. Sa come fare soldi, il giovane Canale, per questo è utile alla ‘ndrangheta e viene così battezzato a 18 anni: “[…] una truffa pari all’incirca che avevano stimato che io mi fossi messo in tasca circa 4 miliardi di lire, in meno di sei mesi. Con mio fratello insieme, avevamo fatto un sacco di truffe comunque facevo rapine, estorsioni, assegni a vuoto, facevo un sacco di attività, facevo soldi e dirottavo tutta la merce e tutte le cose in Calabria. Io vengo comunque conosciuto come nome in Calabria, perché comunque tante volte mi venivano fatte delle richieste da diverse famiglie, però sempre facevano riferimento ai Raso”.
La famiglia Raso è una cosca di buon livello all’interno della ‘ndrangheta. Quelle del gotha dell’organizzazione criminale, però, sono altre. Tra queste, sicuramente la famiglia Alvaro di Sinopoli, dove Canale entra ufficialmente tra il 2013 e il 2014, durante uno dei suoi periodi di detenzione. L’incontro decisivo è quello con il giovane, ma già potentissimo, Antonino Penna, imparentato con la cosca Alvaro: “Penna Antonino è stato battezzato subito dopo l’omicidio a dodici anni, gli hanno dato direttamente, gli hanno fatto a lui, gli hanno fatto… allora gli hanno dato la prima, dopo sei mesi l’hanno chiamato e gli hanno dato la terza, poi va be ha saltato la santa ed è andato al vangelo, poi in automatico perché le doti, dopo il vangelo ogni sei mesi aumentano fino al tre quartino diventi poi quartino e tre quartino in automatico ogni sei mesi, però poi Penna Antonino c’ha un’incappucciata riservata che quella lì non te la dirà mai che dote ha”. Sarebbe proprio Nino Penna ad aprire mondi sconosciuti a Canale, con riferimento alle dinamiche criminali, ma non solo: “[…] incomincia a spiegarmi tutto questo, mi racconta tutto, tutto, tutto, fino addirittura a dirmi dove erano le armi per fare gli omicidi, tant’è che li ho fatti ritrovare, perchè io non sono stato a Sinopoli eppure ho dato millimetricamente indicazioni per ritrovare le armi, il morto, il bunker, tutto. Mi aveva detto tutto, tutto questo e mi ha fatto tutto questo racconto. Poi nel racconto giustamente quando mi diceva magari se arrivava tipo a Cosimo, Cosimo Pelliccia che le è cugino, mi dice i legami che aveva con i De Stefano o i legami che avevano con i Tegano, piuttosto che con i Crea i legami di parentela con i Palamara perché comunque a Sinopoli ci sono pure i Palamara”.
Cosimo “Pelliccia” altri non è se non Cosimo Alvaro, l’uomo venuto da Sinopoli ed entrato a contatto con il mondo politico e imprenditoriale di Reggio Calabria, come testimoniato dal processo “Meta”, in cui è stato condannato alcuni anni fa. In quell’inchiesta della Dda reggina emersero i rapporti anche con l’imprenditore Salvatore Mazzitelli, il “barone”, proprietario di diversi locali in città, tra cui il noto lido “Calajunco”, poi confiscato: “Con Mazzitelli che poi a sua volta era un grosso imprenditore, lui era uno di quelli ad esempio che dava appoggio con le ditte, perché poi lui si appoggiava ad altre due o tre ditte che prendevano il bando la sede dell’appalto e glielo gestivano per conto di Cosimo Alvaro”. Cosimo “Pelliccia”, stando al racconto di Canale, sarebbe stato un membro molto influente all’interno della ‘ndrangheta, avendo anche un ruolo nella pax mafiosa stipulata dopo gli anni della mattanza reggina, tra il 1985 e il 1991: “Cosimo Alvaro era una potenza, è una potenza, basta dire che lui ha preso addirittura si è seduto alla commissione Provinciale che è stata istituita nel novantuno, insieme a tutti i capi, Cosimo, insieme a suo padre”.
Il racconto di Canale si fa interessante, quanto oscuro e inquietante, quando si inizia a parlare dei legami tra la ‘ndrangheta e il mondo dei “colletti bianchi”, anche istituzionali. Secondo quanto riferito dal collaboratore, la ‘ndrangheta – e in particolare gli Alvaro – sarebbero stati molto ben inseriti negli ambienti giudiziari, ottenendo così anche “soffiate” prima dei blitz delle forze dell’ordine: “Hanno detto che ce l’avevano tant’è che mi ha detto che loro avevano in tempo reale erano stati avvisati ad esempio quando c’è stata l’operazione prima, loro erano stati avvisati ed era riuscito a scappare Carmine Alvaro, era riuscito a scappare. Come mi ha detto che c’erano dei legami con chi gli facevano comunque comunicazioni però questi legami forti forti, li teneva Pelliccia perché Pelliccia è quello che ha i legami anche con barone Nesci, con Pellicane che sono tutti legati alla massonerie che sono logge massoniche che poi fanno la parallela. La chiamano la parallela”.
La parallela.
Le dichiarazioni di Canale potranno essere ora utilizzate nel maxiprocesso “Gotha”, che sta provando a dimostrare proprio come la massoneria deviata sia effettivamente un mondo parallelo, capace di condizionare la vita politica, economica e sociale della realtà visibile.
Nei verbali sottoscritti, prima con il procuratore aggiunto Gaetano Paci e col pm Giulia Pantano e ora anche con il pm Stefano Musolino, Canale fa i nomi delle logge coperte su cui avrebbe potuto (o potrebbe contare la ‘ndrangheta). La Pitagora a Reggio Calabria), la Benjamin Franklin a Gioia Tauro e la Ferrari a Palmi. Ma non solo: “La Fenice a Catanzaro…a parte che mi hanno detto che hanno duecento logge in mano, quindi, lui adesso mi ha detto i nomi quelli che io mi ricordo me ne ha detto una marea di nomi. Mi aveva detto anche un rituale che era bello di come ti eleggono massone che c’era: con questa spada d’argento dalla lama d’acciaio, l’impugnatura di cuoio, il pomello d’ottone, io ti eleggo gran massone. Ti metti in ginocchio e dice che te io posano sulle spalle, a stile antico i cavalieri i templari”. Il racconto di Canale si fa più dettagliato: “Cioè in poche parole c’è una loggia massonica tipo la Benjamin Franklin ad esempio che è a Gioia Tauro. Loro che cosa fanno entrano non possono segnarsi lì non possono andare in Prefettura a fare la firma a segnarsi massoni, che cosa fanno creano una parallela, la Benjamin Franklin gli dà una distaccata, come una ‘ndrina distaccata, la stessa identica cosa. Quindi creano questa loggia massonica, non è sulla carta ma è esistente a tutti gli effetti, perché si sta alle regole della massoneria.