Ancora una volta, come da copione, la Calabria si conferma, in tempi di campagna elettorale, la Cenerentola d’Italia. O meglio: tutte le forze politiche, nessuna esclusa, considerano la Calabria un “argomento ostico” che va affrontato nella “scala delle priorità politiche” per ultimo. È talmente complicato sciogliere i nodi in Calabria che ogni tentativo di districarsi nell’ingarbugliata matassa politica richiede, oltre che un impegno snervante, sfiancante, stressante, tanto tempo. Che nel caso della Calabria, risulta quasi sempre sprecato. Per questo conviene affrontare l’argomento Calabria sempre per ultimo, come dire: a tempo perso. Interessarsi realmente dei problemi della Calabria significa sottrarre tempo a tutto il resto. E poi si sa che in Calabria non cambia mai niente, e allora perché sprecare tempo che in politica significa denaro? Infatti in Calabria più che accordi politici, quelli che si stipulano tra esponenti di partito, sono contratti di affari.
Già, perché in Calabria la politica è sempre stata “guidata” da veri e propri capibastone privi di ogni cultura istituzionale. O padrini politici se preferite. Il cui unico scopo è garantire, sempre e comunque, le giuste entrate, alla paranza politica di appartenenza. Ovvero alla “famiglia”. Famiglie di fatto che governano interi territori, economicamente e socialmente, utilizzando la politica e le istituzioni come un personale strumento di lavoro per l’arricchimento privato e il mantenimento dei privilegi. Ed è proprio attraverso il continuo e reiterato saccheggio delle casse pubbliche che detti padrini sono riusciti a costruirsi, negli anni, eserciti di sudditi a loro fedeli, a prescindere dalla collocazione politica del “momento” del boss. Aver sistemato nel pubblico impiego, nella sanità privata, nelle partecipate e nelle “esternalizzate” migliaia di persone, ha di fatto creato tutte le condizioni per ricevere, vita natural durante, da migliaia di famiglie, eterna gratitudine. Gratitudine che da decenni si trasforma in voti sonanti. Il famigerato “pacchetto di voti”. Che ad ogni tornata elettorale è in vendita al miglior offerente.
Ed è proprio questo aspetto, o peculiarità, della politica nostrana che complica i rapporti tra i partiti. Accordarsi economicamente sulla spartizione delle risorse pubbliche, con tanti cani all’osso, e in tempi di “magra”, non sempre è cosa facile. L’ingordigia la fa sempre da padrona. E capita che qualcuno resti a bocca asciutta. E chi non ci sta spesso e volentieri dà vita a guerre sotterranee con tanto di morti e feriti. Da qui anche il continuo via vai di padrini che passano da uno schieramento all’altro. Insomma il vero argomento in campagna elettorale è la spartizione delle risorse tra paranze. E la prova, di tutto ciò, ancora una volta è sotto i nostri occhi. A due mesi dal voto, la Calabria, fino ad oggi, è stata solo teatro di guerra tra paranze politiche che si contendono il controllo dei territori.
L’arrivo della Lega, la scissione del Pd, l’implosione di Forza Italia, la fine dei 5Stelle, hanno scombussolato gli equilibri tra le vecchie paranze politiche, oggi alla ricerca di una nuova collocazione. E per questo alcune in lotta tra di loro. Una lotta che ha determinato il solito stallo politico: l’accordo economico non è stato ancora trovato. Perciò ancora il centrodestra non ha un candidato, così come il Pd. C’è chi, tra i vecchi padrini, pretende un risarcimento “danni” per l’esclusione dalla competizione regionale, chi invece non si accontenta di quello che gli è stato offerto. Il problema è solo di natura economica. La politica (quella nobile) non c’entra niente. Anche perché di politica in Calabria non si parla, così come non si parla di programmi, idee e progetti, per questa martoriata regione.
Serve ancora qualche giorno, se non di più, di frenetiche trattative, prima di sciogliere il nodo Calabria. I contabili sono al lavoro, anche se far quadrare i conti questa volta sarà difficile. Qualcuno resterà fuori, questo è chiaro, l’acqua è poca e la papera non galleggia, resta solo da capire se chi resta fuori è disposto ad accettare tale verdetto supinamente, oppure continuerà la propria guerra, magari allargando i confini e schierando, questa volta, anche l’artiglieria. FONTE IACCHITÉ.BLOG