di Saverio Di Giorno
La Calabria è una pentola a pressione. Negli ultimi tempi, stanno convergendo sulla Calabria, oltre che molti politici, anche molte inchieste. Un tempismo perfetto, quasi come se ci fosse stato un tana-“libera”-tutti.
L’ultima è quella che riguarda il software spia, aperta dalla procura di Napoli. Gli indagati sono i quattro titolari di due aziende: Marisa Aquino, moglie del poliziotto della Polstrada Vito Tignanelli e intestataria dell’azienda Stm, entrambi di Cosenza e poi Giuseppe Fasano e Salvatore Ansani di eSurv (arrestati proprio ieri). L’accusa è di violazione delle norme sul trattamento dei dati personali e la frode in pubblica attività. Queste sono, infatti, due aziende informatiche che prestavano i loro servizi alle procure per le attività di intercettazione.
Secondo l’accusa avevano creato un archivio riservato utilizzando un server di Amazon in Oregon, quindi molto vulnerabile, scaricando lì una grossa quantità di dati sensibili. Ora, come insegna Andreotti, una cosa del genere la si fa in due casi: se c’è chi vuole queste informazioni, un compratore, che poi vuole ricattare, oppure per ricattare direttamente.
Si propende per la prima soluzione perché Tignanelli e consorte avrebbero avuto alcune commesse di centinaia di migliaia di euro da alcune procure calabresi, solo alcune, e da altre sparse in tutta Italia.
Le verifiche effettuate dagli specialisti del Ros, infatti, hanno accertato che «le Imei utilizzate per gli accessi ai dati riguardano altri procedimenti penali, sono in uso ad altri organi di polizia giudiziaria» e soprattutto «sono in uso a persone da identificare».
Tignanelli però è anche un agente della Polizia Stradale e il suo nome compare anche in un’altra inchiesta, questa volta della Procura di Catanzaro che arrestò il maresciallo dei Carabinieri Forestali Carmine Greco per aver manipolato un’indagine che stava conducendo per conto della Procura di Castrovillari. Sostanzialmente, Tignanelli si sarebbe messo in contatto con il maresciallo per conto di “un capo”. Io
Non finisce qui perché, secondo le fonti del Fatto Quotidiano, Tignanelli ha pure il 10% della Sakata Sro, una finanziaria slovacca il cui amministratore è proprio quel Graziano Santoro che ha i lavori del porto di Diamante da anni ormai e il cui fratello sarebbe inserito in una loggia massonica.
Sempre loro due, Santoro e Tignanelli, intratterrebbero rapporti con alcuni magistrati calabresi (quelli delle commissioni?), sui quali è aperto un altro fascicolo ancora, questa volta dalla Procura di Salerno e di cui ci si è già occupati, dopo quella “fuga” di notizie del Fatto (ricordate? 15 magistrati calabresi indagati dalla Procura di Salerno) che sapeva tanto di messaggio ai magistrati della Dda di Catanzaro.
Ora si aggiungono questi altri elementi e, per la prima volta, si può costruire un unico filo unitario di nomi non solo sulle carte dei giornali, ma anche (e questa è la novità) nelle carte delle procure di mezza Italia. Un filo che partirebbe dai magistrati, per continuare con le forze dell’ordine e poi con gli imprenditori, e da qui dritti dritti alla politica, passando per gli uffici. Perché non bisogna dimenticare che il porto di Diamante è stato sfiorato da un’altra indagine, Lande Desolate, che ha portato al fermo del Rup Zinno (stesso ruolo anche per la metro di Cosenza) e al coinvolgimento della deputata Enza Bruno Bossio e del marito Nicola Adamo, big del PD calabrese. Tutto da provare certo, ma è anche vero che in questo domino se viene giù un pezzo vengono giù tutti gli altri. Siamo, quindi, vicini ad un terremoto giudiziario e politico?
Analizzando la fuga di informazioni del Fatto, si diceva che “le informazioni e i segreti dopotutto sono una buona merce di scambio sia per i vecchi, che per chi li vuole sostituire. L’asta è aperta al miglior offerente”. Se è vero che quelle informazioni in un primo tempo servivano all’attività di dossieraggio e ricatto per far reggere quegli equilibri, ora sarebbero inservibili dati i troppi cambi di equilibri che ci sono stati sia a livello politico che criminale. Potrebbero, però, tornare utili ad un “nuovo” che vuole sfruttare questi segreti per creare equilibri diversi, sia che voglia assoldare e sfruttare i vecchi “arnesi”, sia che li voglia usare per distruggerli. A patto che ci sia qualcuno che li passi ai nuovi arrivati (e ai giornali). Qualcuno che, magari, vuole togliersi qualche sassolino dalla scarpa o che per salvarsi dalla debacle faccia affondare gli altri per poi chiedere la ricompensa al nuovo padrone.