Di Fabrizia Arcuri, giornalista e Sergio Caruso, Criminologo.
L’ordinaria tranquillità di Tolè, frazione di Vergato (Bologna), è stata interrotta da un violento tentato omicidio ai danni di un agricoltore di 65 anni, avvenuto nel cortile di casa senza apparente motivo. La prontezza e la reazione tempestiva della vittima hanno impedito un esito ancora più tragico, portando all’identificazione e all’arresto del presunto aggressore Francesco Passalacqua, noto come il ‘serial killer della Riviera dei Cedri’. La sua figura si intreccia, infatti, in un capitolo criminale oscuro: nel 1997, l’Alto Tirreno Cosentino, tra Verbicaro, Grisolia e Scalea, fu teatro di una spaventosa ondata di terrore causata dagli atti efferati di Passalacqua. Nel 2000, fu condannato all’ergastolo per tre delitti che sconvolsero la comunità calabrese, portando alla morte di due pastori e un agricoltore. Al momento del tentato omicidio a Tolè, si trovava in libertà vigilata, dimorando da circa un anno a Vedegheto, nell’Appennino bolognese, dopo aver precedentemente vissuto ad Argelato.Il Professore Francesco Bruno si dedicò a questo cruento capitolo criminale, conducendo un’analisi approfondita dell’unico serial killer calabrese. Successivamente, il criminologo Sergio Caruso collaborò con la giornalista Fabrizia Arcuri e il Dottor Giacomo Pantusa, esperto di psichiatria forense, per esplorare ulteriormente il caso, fornendo prospettive complementari. Le testimonianze dirette di quegli eventi, incluso il contributo dell’ex sindaco di Verbicaro, Felice Spingola, costituirono il fondamento per una ricostruzione dettagliata e completa dei fatti.
Il concetto di “serial killer” nella criminologia identifica individui che commettono una serie di omicidi secondo schemi precisi e con un modus operandi riconoscibile. Il periodo di “cooling off”, noto anche come periodo di “riflessione” o “pausa”, rappresenta l’intervallo temporale che separa uno o più omicidi commessi da un serial killer. Questo lasso temporale può variare significativamente, andando da poche ore fino a prolungarsi per anni interi. Durante questo intervallo, il killer può sperimentare una pausa nelle sue attività omicide, potenzialmente motivata da una serie di fattori psicologici, emotivi o situazionali.Le similitudini tra gli avvenimenti recenti e il modus operandi del presunto serial killer proiettano una luce inquietante sul profilo di Passalacqua, evocando un passato di oscure e violente vicende. La sua pericolosità, caratterizzata da una propensione estrema alla violenza, è stata confermata da una perizia che ha rilevato la presenza di gravi disturbi antisociali e segni di significativa instabilità mentale.Nonostante l’ipotesi avanzata, all’epoca dei fatti, sul suo possibile ruolo come esecutore materiale di mandanti, evidenziata da una lista di nominativi rinvenuta al momento dell’arresto, emerge un aspetto criminologico rilevante. Infatti, nella sfera dei serial killer, come riscontrato nel caso del “mostro di Firenze”, l’idea criminogena è che il mandante di tali crimini è radicato nell’inconscio stesso del killer. L’impulso che sottende queste azioni affonda le sue radici in un desiderio ancestrale, diventando per l’omicida seriale un’imperiosa necessità per la sopravvivenza. Questa vicenda solleva un interrogativo cruciale che richiama l’attenzione sulla gestione post-carceraria di individui con un passato contrassegnato da crimini efferati. Come è possibile che soggetti con un passato così controverso possano sfuggire a una sorveglianza attenta dopo il loro rilascio dal carcere? Tale problematica esige un’indagine approfondita e una vigilanza costante su personalità a rischio sociale elevato, al fine di evitare il potenziale impatto sulla sicurezza pubblica. La complessità di individui come Passalacqua sottolinea con forza la necessità di una revisione critica dell’efficacia del sistema giudiziario nel gestire profili criminologici così delicati. Il reinserimento nella società di individui con un passato così segnato dalla criminalità richiede un monitoraggio attento e intensivo, data la portata dell’impatto sociale che possono generare. Questo non è solo un invito a una riflessione sulle strategie di valutazione dei rischi sociali, ma una richiesta urgente di un sistema di monitoraggio incisivo e di interventi preventivi mirati per individui con simili profili. La sicurezza della comunità dipende innegabilmente dalla capacità di gestire e controllare soggetti che, per il loro passato criminale, possono avere un impatto significativo sulla società, anche dopo essere stati rilasciati dalla detenzione.