Di Francesco Maria Storino. Fonte: Gazzetta del sud

Il patto di ferro, per la droga, ha unito per anni l’Alto Tirreno cosentino alla Campania. Scalea è stata la meta privilegiata di esponenti della camorra che hanno trovato nella Riviera dei Cedri l’“esilio dorato”. Hanno scelto non a caso un comune quasi ai confini della regione per cercare di sfuggire agli occhi delle forze dell’ordine e rimettersi in affari. Anche i calabresi hanno cercato riparo nel tempo in Campania. Quando Franco Muto – il “Re del pesce” – era in soggiorno obbligato costretto a rimanere fuori dalla Calabria aveva scelto proprio il Cilento. Non di certo per caso. Il padrino, che oggi sembra fuori gioco alla veneranda età di 84 anni in quanto alle prese con problemi di salute e tornato recentemente in carcere, ha lasciato in quell’area che è stata per anni di sua competenza un autentico vuoto. Ed è così che in particolare il partenopeo Domenico Tamarisco per la zona di Scalea e diversi altri esponenti di Cetraro tra cui Franco Scorza hanno ripreso le redini della situazione. Mentre la cocaina viene importata, la marijuana è coltivata in loco.
Dalla droga nasce l’ultima ordinanza della Direzione distrettuale antimafia. Una complessa e articolata attività investigativa partita nel periodo del Covid nel 2020 e finita ad ottobre 2024 che ha portato alla luce l’operatività nel territorio di Scalea di una associazione a delinquere dedita ad attività di spaccio di stupefacenti. I canali erano due: quello campano e quello cetrarese.
Si sentiva al sicuro Domenico Tamarisco il quel complesso residenziale estivo i cui appartamenti sono per la maggior parte nella disponibilità di soggetti residenti nell’hinterland napoletano. Si sentiva quasi a casa. Per capire la metamorfosi di Scalea bisogna risalire agli anni ’80 quando la città è cresciuta senza alcuna soluzione urbanistica. Sono sorti interi complessi sparpagliati tra il mare e le pendici dei monti. Circa undicimila presenze d’inverno e 250mila d’estate