Di Francesca Lagatta, giornalista d’inchiesta, che ringraziamo.
Il clan dei Casamonica perde ancora pezzi. Nell’ennesimo blitz volto a decapitare la cosca capitolina questa volta sono finite in manette 22 persone, di cui 21 sono state portate in carcere e una sconterà la detenzione ai domiciliari. L’operazione è stata eseguita in varie parti d’Italia, a Voghera, Nuoro, Trapani, Foggia, Tornimparte, centro in provincia dell’Aquila, e anche in Calabria, precisamente a Paola. Gli uomini del capitano Giordano Tognoni hanno notificato l’arresto a un soggetto del posto di 31 anni. C. S., queste le sue iniziali, si trovava già detenuto in carcere.
Le indagini della magistratura hanno consentito di accertare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti «strutturata su un gruppo criminale a connotazione familiare». Oltre ai Casamonica, l’organizzazione era costituita da altri soggetti con ruoli e compiti ben precisi e fruttava un giro d’affari da oltre 100 mila euro al mese.
L’ombra dei Casamonica sul Tirreno cosentino
La presenza dei Casamonica sul Tirreno cosentino era una realtà consolidata già prima degli arresti di questa mattina. Meno di un anno fa, a luglio del 2018, decine di uomini della forze dell’ordine erano stati impegnati nello sgombero di due stabili confiscati a San Nicola Arcella, occupati abusivamente dai famigliari di un imprenditore considerato dagli inquirenti vicino ai Casamonica. Si tratta di un imprenditore calabrese da anni residente a Roma, a cui nell’ottobre del 2015 i militari delle Fiamme Gialle avevano sequestrato definitivamente un villaggio turistico sulla costa calabrese. Il sequestro fa riferimento all’operazione “Hummer 2“, che portò a una confisca complessiva di 40 milioni di euro di beni. All’uomo, tra le altre cose, vennero confiscati anche un centro sportivo con palestra e ristorante a Trigoria, una villa di lusso a Casal Palocco, due Ferrari, due Hummer e appartamenti a Mentana, Torrino, Vigna Murata e Castel Porziano.
Il legame con la Banda della Magliano e i favori ai Muto
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, l’imprenditore non solo sarebbe stato in affari con i Casamonica, con Luciano in particolare, ma anche con alcuni esponenti della Banda della Magliana e, sempre secondo le ricostruzioni della magistratura, in passato avrebbe fatto anche da tramite negli affari tra i il clan Casamonica e il clan Muto di Cetraro, il cui capo cosca e suo figlio, Franco e Luigi Muto, si trovano ora rinchiusi al 41 bis dopo l’arresto avvenuto il 19 luglio 2016 nell’ambito dell’operazione Frontiera.