Ricostruisce molteplici legami, rapporti ed affari fra boss, colletti bianchi, faccendieri, politici e mafiosi, l’operazione “Rinascita-Scott” coordinata dalla Dda di Catanzaro e condotta sul “campo” dai carabinieri. Un’inchiesta “monumentale”, attesa da decenni dai cittadini di Vibo e provincia, e che alza il velo su anni di coperture e segreti spesso inconfessabili.
Fra gli indagati dell’inchiesta (si ipotizza il concorso in tentata estorsione con gli imprenditori Maurizio e Mario Artusa, Gianfranco Ferrante ed Emanuele La Malfa) c’è anche il gioielliere di Vibo Valentia, Vittorio Tedeschi, di 77 anni, ed a lui la Dda di Catanzaro – guidata da Nicola Gratteri – dedica un apposito capitolo sottolineando “l’esistenza di un rapporto stabile e duraturo che lo lega al boss Luigi Mancuso”.
Proprio indagando su tale legame, gli inquirenti si ritrovano dinanzi alla vicenda della compravendita (siamo nei primi anni ’90) di un’auto Lancia Delta da un concessionario di Vibo, poi arrestato per traffico di droga, e sull’interessamento di Luigi Mancuso sia per la concessionaria che per l’auto. In mezzo a tutto ciò, anche il progettato sequestro di persona ai danni di un altro gioielliere di Vibo ed il ruolo di Giovanni Giamborino pronto a mediare fra il cugino Pietro Giamborino (futuro consigliere regionale), Vittorio Tedeschi ed il boss di Limbadi.
Le dichiarazioni di Mantella. E’ il collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, ad aprire la ricostruzione di più vicende, intrecciate fra loro, che meritano di essere raccontate. “In passato avevano sparato al parrucchiere di Vibo Pino Moscato – racconta Mantella – che aveva un’amicizia intima con il gioielliere Vittorio Tedeschi. Il gioielliere si è rivolto a Pantaleone Mancuso, Scarpuni, che ha chiesto di lasciare stare questo parrucchiere. Praticamente il gioielliere Tedeschi è legatissimo sotto l’aspetto economico ai Mancuso. Ha la gioielleria sul corso di Vibo mentre si va verso il Tribunale, vicino all’angolo con piazza Morelli”.
Il sequestro di persona sventato da Fiarè. Andrea Mantella svela quindi agli inquirenti il proposito coltivato nei primi anni ’90 da alcuni personaggi di San Luca che avevano intenzione di sequestrare il gioiellieredi Vibo Antonio Tedeschi, congiunto di Vittorio, idea poi sfumata per l’intervento del boss di San Gregorio d’Ippona, Rosario Fiarè, e per la presunta “protezione” dei Mancuso. “I Tedeschi – ha raccontato Mantella – hanno sempre chiesto la protezione ai Mancuso, infatti non hanno subito nessuna estorsione a Vibo. Quelli di San Luca avevano deciso di prendere Antonio Tedeschie se lo volevano portare via per fare un sequestro di persona. Praticamente Rosario Fiarè mi hadetto: “Guarda Andrea, digli a questi amici tuoi di San Luca di finirla che scoppia una guerra perché i Tedeschi sono con quelli di là sotto”. E quando si dice là sotto si intende i Mancuso. Siccome io all’epoca – ricorda Mantella – un pochettino, tra virgolette, stimavo Rosario Fiarè, gli ho detto a questi di San Luca: “Ragazzi, pigliatevi a Gatto e lassati stare a chistu. Gatto sarebbe un altro imprenditore”.
La Lancia Delta di Luigi Mancuso. “La concessionaria Automare di Vibo in viale Affaccio del padre di Francesco Mallamace nasce con i soldi dei Mancuso, era di Luigi Mancuso. Questo Mallamace padre, grande broker della droga, era nelle mani dei Pesce e dei Bellocco di Rosarno. Tanto è vero che – all’epoca io parlavo con suo figlio Francesco – aveva delle piantagioni di kiwie mandarini nella zona tra Nicotera, Limbadi, quelle zone lì. A fine anni ’80, inizio anni ’90 io personalmente – racconta Mantella – sparai alla vetrina della concessionaria, insieme a Renato Furlano e Fortunato Ceraso, genero di Enzo Barba. E poi praticamente mi ricordo Luigi Mancuso – che per me che ero un ragazzino era un mito – venne a Vibo e diceva al mio ex capo Lo Bianco: “E chi facistivu? A mia mi sparastivu? L’attività esta a mia. Io ero un picciotto, è venuto Luigi Mancuso e ci ha dato i torroncini, le caramelline”. Guarda caso i fabbricati erano dei Mammolti, di Cecè Mammoliti, quello che è morto con la cirrosi epatica, che hanno fatto anche là un’operazione di edilizia abnorme, in quei fabbricati dove è nata l’Automare. Luigi Mancuso aveva la Lancia Delta, la Martini, l’integrale in esposizione in quella vetrina. La stessa macchina l’aveva Montoro, il farmacista”.
Giovanni Giamborino e la Lancia Delta. E’ a questo punto della ricostruzione che gli investigatori incrociano le dichiarazioni di Andrea Mantella con un’intercettazione avvenuta fra Giovanni Giamborino (fra i principali arrestati dell’operazione “Rinascita-Scott) e Michele D’Amico (non indagato). Parlando Giovanni Giamborino di Luigi Mancuso, Michele D’Amico chiedeva “che fine avesse fatto la “Lancia di Luigi” e Giovanni Giamborino gli rispondeva – rimarcano i magistrati della Dda di Catanzaro – che la stessa era stata venduta, subito dopo la sua scarcerazione, per centomila euro. D’Amico Michele vantava la conoscenza dell’autovettura in quanto – sottolineano gli inquirenti – era lui stesso che ne curava la manutenzione per conto di Tedeschi Vittorio nel garage preso in fitto dallo stesso. Giovanni Giamborino dettagliatamente spiegava che nella predetta vicenda, su attivazione di Luigi Mancuso, aveva fatto rinunciare Riccardo Montoro all’acquisto di una Lancia Delta “Martini”, già pagata a Giuseppe Mallamace con assegni circolari per cinquantadue milioni e mezzo di lire, in quanto l’auto era d’interesse di Luigi Mancuso”.
I Giamborino, Mancuso e Tedeschi. “Nel medesimo contesto – ricostruiscono i magistrati antimafia – Giovanni Giamborino aggiungeva di aver avuto “una mezza discussione” con Luigi Mancuso originata da una vicissitudine che aveva visto quali attori principali Pietro Giamborino, cugino di Giovanni, e Vittorio Tedeschi.
…..Continua..
Fonte Il Vibonese.