Avevano investito nel “mattone” anche nella zona dell’alto Tirreno cosentino i fratelli Pellini, imprenditori di Acerra condannati negli anni scorsi in via definitiva per disastro ambientale, per aver inquinato terreni tra l’agro casertano e partenopeo.
Un consistente gruppo di case e ville fra Santa Maria del Cedro e Tortora, inserito in un ampio elenco di beni mobili ed immobili, fino a raggiungere la stratosferica cifra di 220 milioni di euro che dovrebbero essere confiscati. Il tribunale di Napoli avrebbe infatti disposto la confisca dei beni, fra i quali risultano 250 fabbricati, 68 terreni, 50 tra auto e mezzi industriali, 3 elicotteri e 49 conti correnti bancari. E’ questa la conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che l’area dell’alto Tirreno cosentino è stata sempre nel mirino di imprenditori, più o meno onesti, alcuni dei quali provenienti dalla Campania. La stessa area che, come i fatti negli anni hanno confermato, è diventata zona da sfruttare per lo spaccio di sostanze stupefacenti, soprattutto nei mesi estivi e nei periodi festivi, quando le seconde case, di cui è disseminato il territorio, si animano.
Nel caso del gruppo imprenditoriale “Pellini”, invece, si tratta di milioni di euro provenienti dall’attività delle società, facenti capo ai fratelli Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini condannati, il 29 gennaio del 2015, dalla IV sezione della Corte d’Appello del Tribunale di Napoli, nel processo denominato “Ultimo atto-carosello”, a sette anni di reclusione con l’accusa di disastro ambientale colposo.
Sentenza confermata il 17 maggio 2017 dalla Corte di Cassazione. Milioni di euro quasi tutti reinvestiti nel mattone, con case, ville, palazzi, anche nelle località turistiche tra le più rinomate con 8 appartamenti a San Felice Circeo, 10 ville a Santa Maria del Cedro, 10 case a Tortora e poi altri investimenti in città come Roma.
Nei due centri dell’alto Tirreno cosentino, gli immobili acquistati si trovano nei villaggi estivi delle due località balneari. Case che in qualche modo venivano anche cedute in affitto per i periodi di vacanza. La confisca, da quanto si è appreso, sarebbe la conseguenza dell’attività della Guardia di finanza di Napoli che, su disposizione della sezione Misure di prevenzione del Tribunale partenopeo, il 14 febbraio 2017 aveva portato al sequestro preventivo di circa 222 milioni di euro.
Fonte miocomune