L’attuale istmo, in parte sabbioso, in parte roccioso, formatosi tra il “Capo Arena” e la scogliera posta sul lato orientale dell’Isola di Dino, rischia di provocare, a breve, la pressoché completa saldatura con la terraferma, trasformando l’isola in una penisola facilmente accessibile”.

E’ quanto sostiene l’associazione Italia nostra. Il fenomeno, secondo gli ambientalisti, prelude “al potenziale, completo insabbiamento, nel tempo, del suo intero perimetro occidentale ed alla conseguente, assai probabile, “antropizzazione spinta” di un luogo quasi incontaminato, in grado di annullare molte delle eccezionali prerogative di questo antico giardino della natura, una volta che il passaggio sia stato reso più facile e rapido dalla presenza del “ponte” venuto così a costituirsi. Il problema si presenta come una priorità assoluta”. Il fenomeno non può essere ristretto a conclusioni affrettate, sostengono gli ambientalisti. Pertanto, è necessario studiare la situazione.

“L’evidenza di una giusta cautela- scrive Italia nostra – richiama fortemente il nostro senso di responsabilità ad uno studio molto accurato, ad un intervento lucido, qualificato ed anche ad un impatto, su tutto l’ambiente, assai prudente ed il più delicato possibile. Occorrerebbe, dunque, un coordinamento lungimirante e fattivo tra gli Enti interessati, per ottenere la necessaria affidabilità operativa e l’indispensabile disponibilità economica. Ci viene da pensare, in prima battuta, ad un’incisiva e consistente operazione di dragaggio che, attraverso il ripristino del canale originale, possa restituire equilibrio ad un sistema naturale in via di compromissione. Ma non è detto che questa sia l’unica operazione possibile. Sarebbe opportuno e necessario, quindi, uno specifico, attento e sollecito intervento sulla problematica evidenziata a partire dall’Autorità Regionale.

Nello stesso tempo, auspichiamo la condivisione e l’interessamento alle nostre proposte anche da parte di quanti altri fossero convinti di farlo, tra i quali citiamo, ad esempio, il Comune di Praia a Mare che però non ha posto tale questione nella sua programmazione futura”. La particolarità delle specie presenti sull’isola è dovuta proprio a questa difficoltà di accesso. Una “segregazione biologica”, che rende ancora possibile la presenza di specie rare e particolari che, secondo Italia nostra: “andrebbero inevitabilmente perdute nel caso di un fin troppo facile e caotico accesso, qualora questo fosse reso possibile dalla soppressione del breve braccio di mare, che oggi la salvaguarda e la rende immune da ogni scempio”.