Di Francesca Lagatta
Geppino Ramundo, il 66enne accusato di aver ucciso in località Cariglio di Fuscaldo il vicino di casa Giuseppe Ramundo, resta in carcere per gravi indizi di colpevolezza. Lo ha stabilito ieri il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Paola, Maria Grazia D’Elia, al termine dell’udienza di convalida. Ad ogni modo il gip, pur convalidando la misura in carcere per l’indiziato, non ha convalidato il fermo perché, è scritto nel documento, «è stato disposto ed eseguito in assenza dei presupposti di legge».
Secondo il quadro accusatorio, l’ex bidello di Fuscaldo avrebbe esploso all’ndirizzo della vittima tre colpi di arma da fuoco, di cui due uno al torace, uno all’addome e uno alla coscia sinistra. L’arma utilizzata per il delitto è una pistola semiautomatica, marca Beretta, calibro 7,65.
La ricostruzione degli inquirenti
La visione delle immagini delle telecamere poste nei pressi del luogo dell’omicidio, ha consentito agli inquirenti di ricostruire in modo minuzioso la lite poi sfociata in tragedia.
Intorno alle 8.20 la vittima esce dalla sua abitazione, percorre il vialetto di casa e la strada principale in direzione dell’abitazione di Geppino. Un minuto più tardi Giuseppe rientra nella sua abitazione prima con un tubo in mano, poi con un martello. Alle 8.25 Geppino transita sulla strada principale e si porta innanzi al cancello di Giuseppe, il quale comincia a gesticolare fino a quando, accortosi della pistola in possesso del suo interlocutore, scappa verso sinistra. A questo punto, Geppino esplode un primo colpo di arma da fuoco e, mancato probabilmente l’obiettivo, ritorna nella sua abitazione. Un minuto più tardi, è Giuseppe che si dirige verso la posizione Geppino, ma poco dopo le telecamere lo immortalano mentre corre lungo la strada principale in direzione del luogo dove poi verrà ritrovato cadavere. Il medico legale ha stabilito che il decesso è sopraggiunto per uno «shock emorragico e pneumo emotorace sinistro, compatibile con tre colpi di arma da fuoco».
La chiamata al 112
Poco dopo l’omicidio, avvenuto lo scorso 25 luglio, Geppino ha contattato il 112 per richiedere l’intervento dei militari perché, a suo dire, era stato aggredito con una pistola da Giuseppe, che invece giaceva già a terra esanime. Preso in carico dai sanitari del 118 giunti sul posto, Geppino è stato poi trasportato all’ospedale di Paola, dove è stato curato per una ferita da arma da fuoco sulla coscia.
I pantaloncini sporchi di sangue
A seguito dei primi accertamenti nella proprietà di Geppino, i carabinieri hanno ritrovato un paio di pantaloncini sporchi di sangue posto all’interno di una bacinella piena d’acqua. Per gli inquirenti si tratterebbe di «un chiaro intento di occultare le tracce del reato appena commesso».