Lo scriviamo da tempo: Gratteri in Calabria oltre a quello che ha fatto, in termini di repressione dei reati commessi dai colletti bianchi, di più non può fare.

Anzi, è già un miracolo se gli hanno permesso di fare quel poco che ha fatto, anche se va detto che quasi tutte le sue inchieste, dove sono coinvolti politici, sono state sonoramente bocciate dal Riesame o dalla Cassazione, vedi le inchieste che coinvolgono Oliverio, Adamo, Bruno Bossio, Occhiuto, Morrone, e tanti dirigenti pubblici collusi con ditte mafiose.

A frenare l’azione giudiziaria di Gratteri, e lo diciamo da tempo, un po’ la sua voglia di fare politica, un po’ perché bloccato dalla masso/mafia e dai conflitti interni alla magistratura, un po’ perché è così che devono andare le cose. Cambiare in Calabria non si può. Tutto deve restare così com’è, certi poteri non si possono toccare, nonostante le tante parole di Gratteri, tipo: non ci ferma nessuno, useremo la scimitarra, abbiamo la cartucciera carica, la ricreazione è finita, è in arrivo la primavera, scoveremo il marcio in ogni dove.


L’esposto presentato da Nicola Adamo contro l’operato di Gratteri si configura dentro questo quadro: i poteri forti e la masso/mafia hanno deciso che Gratteri deve andare via dalla Calabria. Il suo operato non è più gradito agli amici degli amici, gli stessi che da tempo gli impediscono di mettere a segno la mamma di tutte le operazioni contro la masso/mafia in Calabria: il “Sistema Cosenza”.

Lo dicevano chiaro i due mafiosi intercettati dalla Dda di Catanzaro: se Gratteri continua ad indagare sui politici finisce che lo sbattono fuori dalla Calabria. Parole che hanno un peso e che confermano la manovra in atto contro il procuratore capo della Dda, nel senso che: se lo dicono loro, ovvero i mafiosi, vuol dire che qualche “pezzotto” gli ha detto che finirà così. Come a dire: la voce che Gratteri sarà cacciato dalla Dda circola che è una meraviglia. E la prova sta proprio nell’esposto presentato da Adamo, il quale sa bene quali tasti toccare per far sì che il CSM accolga le sue richieste. Del resto non è solo la masso/mafia che non vuole Gratteri in Calabria, ma anche tanti suoi colleghi: alcuni noti magistrati accriccati agli amici degli amici che hanno ricevuto l’ordine di controllare e mettere, all’occorenza, i bastoni tra le ruote a Gratteri, tipo: … questo non si tocca, questo è amico degli amici, quello fa parte della paranza di Tizo, quello di Caio, e così via. E non finisce qui, al coro di chi vuole Gratteri fuori dalle balle si aggiunge anche la voce dei Vescovi che difendono i preti accuasti dal magistrato di essere dei filo ‘ndranghetisti.

A tutto questo Gratteri si è già rassegnato da un pezzo, anche se non ha il coraggio di dirlo pubblicamente. La sua azione giudiziaria contro la masso/mafia in Calabria finisce qui. E’ questo il prezzo che Gratteri deve pagare per continuare la sua “brillante” carriera in magistratura. L’ordine è sempre lo stesso: arrestare solo “contadini e pastori” con l’hobby del narcotraffico. Fare altro non si può.

Povera Calabria, per noi non c’è nessuna speranza di vivere in una regione normale, il nostro destino è quello di continuare a vivere in una regione governata dallo stato parallelo, che è l’unico, ahinoi, sistema “produttivo” che in Calabria funziona. Altro non c’è.
Non siamo mai stati tifosi di Gratteri proprio perché alla determinazione delle sue parole non è mai seguita la determinazione dei fatti. Anche lui ha paura a mettersi contro certi poteri. Un conto è dire che colletti bianchi sono più pericolosi di un killer di ‘ndrangheta, un altro è metterli in galera. E se non c’è riuscito Gratteri, allora vuol dire che non ci riuscirà nessuno. Al suo posto nomineranno, con il metodo Palamara, un magistrato accomodante e tutto ritornerà come prima: sciacqua Rosa e viva Agnese. Altro che legalità. Calabria terra di nessuno, o meglio Calabria dove vige la legge del più forte. E i più forti, e lo hanno ampiamente dimostrato, sono loro: i masso/mafiosi.