Di Francesco Cirillo
Entrando in un edicola qualsiasi , ti colpiscono , nel settore viaggi, le guide esistenti sulla Calabria. Guide colorate , piene zeppe di belle fotografie, con percorsi di ogni genere. Alternativi, religiosi, gastronomici, a piedi, a cavallo nei parchi terrestri, con guide subacquee guidati da sub esperti, dall’alto con piccoli aerei. Ti colpisce anche la varietà di sagre sparse per tutta la regione e parallele a queste le tantissime feste religiose, segno della religiosità di questo popolo. Siamo così pieni di santi e sante, che non sappiamo più, come si usa dire, a quale santo votarci . Perché oramai, solo i santi possono salvarci, non dal turismo che oramai imperversa in quei due mesi l’anno , per fortuna, ma dai politici che ci governano che fanno finta di credere che la Calabria sia davvero solo quella delle guide turistiche.
I politici sia quelli di destra , al governo ed anche di quelli di sinistra che al governo ci sono stati con poche differenze oramai scomparse, fanno a gara per magnificare la nostra regione, facendo finta di non sapere quello che c’è dietro quel paravento, che sono appunto quelle coloratissime guide turistiche. Ho assistito , quest’estate ad un dibattito sul Fiume Noce, svoltosi a Maratea durante l’annuale “ festa del fiume “, solita sagra con tarantelle e pastarelle. Fra uno stand e l’altro si discuteva delle bellezze del fiume, della natura, si progettavano parchi e nuove guide turistiche per far scoprire le bellezze nascoste di questa stupenda valle attraversata da questo bellissimo fiume che nasce in Basilicata , dal Monte Sirino e finisce a mare dopo ben 45 chilometri, nel territorio di Tortora. Un fiume che prima di affluire nel mar tirreno attraversa diversi comuni, da quello di Maratea, a quello di Lagonegro, Nemoli, Trecchina, Lauria, Rivello .
Il clima mistico della discussione, costruito dalle belle parole dei sindaci della valle e di qualche entusiasta operatore turistico venne rotto da quel grande rompiscatole, attore e creativo sceneggiatore, che è Ulderico Pesce, che sul fiume ed i veleni in genere, dalla Basilicata alla Calabria, alla Campania ha scritto e rappresentato diverse opere teatrali di grande successo in tutta Italia. Il suo intervento ha reso muti il parterre dei sindaci. Pesce, giustamente, accusava i sindaci di tutti i comuni ( escludendo con ammirazione solo il sindaco Lamboglia di Tortora, ma poi , a propria difesa, anche i sindaci di Maratea e Trecchina dicevano di essersi costituiti parte civile) che danno sul fiume Noce di non essersi ancora costituiti parte civile nel processo in corso nel tribunale di Paola, contro la ditta che gestisce in modo poco convenevole, dati gli atti giudiziari contro di questa, un impianto di depurazione di fanghi chimici, in contrada San Sago di Tortora. Apriti cielo. Un sindaco ha subito tacciato Pesce di fare terrorismo ( quando uno parla chiaro fa sempre “terrorismo”) , un altro di rovinare la festa, un altro ancora di stare zitto, fino a che il dibattito è stato sospeso ed addirittura l’annuncio in diretta del sindaco di Maratea che annullava il dibattito della sera seguente che aveva come tema ancora le bellezze del fiume. Un turista addirittura ha tacciato Pesce di rovinargli le vacanze in quanto lui stava bello tranquillo in un campeggio a Tortora e non era venuto lì a Maratea per sentire parlare di veleni.
Insomma questo dibattito , avvenuto a Maratea, resta sintomatico della situazione che si vive in Calabria. Nessuno vuole sentire parlare di veleni,tutti vogliono nascondere le verità palesi , che solo in pochi in Calabria raccontiamo, e poi quando qualche giornale nazionale si occupa di queste cose, ecco gridare tutti allo scandalo o peggio ancora a stare zitti come se a parlare fosse un pazzo o “nu scimunito”. Se le istituzioni tutte, dall’ultimo politico di paese alle Direzioni marittime, alle Procure, dicono che in Calabria non esistono veleni bisogna credere a loro e basta. Non servono le dichiarazioni dei pentiti ‘ndranghetisti, vecchi come Fonti e nuovi come Nino Lo Giudice, che rivelano di aver sotterrato loro stessi veleni. Non servono le cose che ha scritto Fonti, prima di morire. Nemmeno quello che fece Natale De Grazia prima di essere assassinato con il veleno.
Fonti insistette fino alla fine sulla veridicità delle sue confessioni. Continuò a dire, inascoltato, che le navi ci sono e che è stato lui stesso ad affondarle e che la Ministra Prestigiacomo ed il suo entourage hanno solo individuato ad un chilometro di distanza dalla sua nave, il piroscafo Catania affondato durante la prima guerra mondiale e conosciuto da tutti. Ricordate per esempio un’inchiesta che fece il giornale piemontese La Stampa , datata 1995, ma fresca per i politici calabresi, di rifiuti radioattivi nascosti nel cemento della galleria sulla statale dei due mari che unisce Rosarno a Gioiosa Ionica nei pressi di Mammola ? La galleria venne costruita sotto un area chiamata de “La Limina”. Ci voleva La Stampa di Torino per rilanciare questa notizia ? Ed ecco subito qualche giornalista dalla memoria corta che è subito corso ad intervistare politici del piccolo paesino sperduto per rassicurare i calabresi e ripetere la solita solfa che ben conosciamo che non è vero niente. Al sindaco di Mammola, se davvero vuole la verità, posso solo consigliare, per la mia piccola esperienza, di affidare le analisi della galleria e dei terreni sulla collina sovrastante la galleria , a ditte private e serie , piuttosto che alle istituzioni dell’Arpacal e dell’ASL , già ben addestrate su come rispondere . Le abbiamo viste in azione a Cetraro, ad Amantea , a Praia e sappiamo come si muovono. Un po’ di serietà per favore. Ma le rivelazioni del pentito Nino Lo Giudice sul traffico di rifiuti radioattivi e tossici in Aspromonte così come gli interramenti nella collina de “La Limina” non ci sono assolutamente nuove. Sono vecchie. Sono scritte in un rapporto della Legambiente datato, 19 maggio 1995 ! Ci rendiamo conto come siamo messi male ? In quel rapporto che molto coraggiosamente , il presidente della Legambiente della Calabria Nuccio Barillà consegnò alla DDA ed alla Procura di Reggio Calabria, nel passaggio che riguarda i veleni in Calabria intitolato molto profeticamente “ Da Condofuri all’Aspromonte: il buco nero della Calabria “ la Legambiente così scriveva, ripeto, nel 1995: “ Un’altra pagina perlomeno inquietante è quella relativa all’utilizzo in alcune zone dell’Aspromonte come discariche abusive di rifiuti, probabilmente anche di origine radioattiva. Si tratta di una segnalazione raccolta da Legambiente e trasmessa nel marzo scorso alla Procura presso la Pretura di Reggio Calabria, ancora oggetto di approfonditi accertamenti. In diverse aree dell’Aspromonte, secondo quanto segnalato alla nostra associazione, sarebbero state attivate, approfittando anche di cavità naturali, discariche abusive di rifiuti, in particolare nella cosiddetta zona de “la Limina”. Tra i comuni di Giffoni e Condofuri e nelle aree delle Gambarie e dello Zomaro. I primi riscontri hanno confermato l’esistenza di almeno due depositi abusivi di rifiuti”.
Più chiaro di così. E nessuno si mosse allora. Perché una tattica dei poteri calabresi è anche quella di non prendere in considerazione voci di questo genere e di far tacere stampa e politici nonché conniventi magistrati pronti subito ad archiviare qualsiasi denuncia, vedi il caso della Jolly Roso, archiviata per ben tre volte da tre giudici diversi. Ma girano altre voci a proposito dell’Aspromonte e che la Legambiente ha denunciato in più occasioni. Che nella costruzione delle dighe, la ‘ndrangheta abbia fatto cementare, all’interno delle possenti mura di contenimento delle acque, pulmann pieni di rifiuti tossici. Insomma parliamo di traffici che in Calabria sono sempre esistiti, e non devono venircelo a dire i torinesi della Stampa, né pentiti dell’ultima ora, ai quali come al solito si da credibilità quando si parla di arrestare qualche capetto , credibilità subito negata quando parlano invece del traffico dei rifiuti tossici. Piuttosto s chiedano tutti perché non ci si rivolge alle varie autorità competenti in materia e si chieda perché in tanti anni non siano mai intervenuti con strumenti scientifici per accertare se questi rapporti e voci fossero bugie o verità come voleva il capitano De Grazia.
Ma torniamo ai veleni del fiume Noce. In una petizione firmata da centinaia di cittadini residenti nella valle si chiede la delocalizzazione dell’impianto di trattamento di rifiuti in località San Sago di Tortora (CS) e l’immediata ordinanza da parte del Comune di Trecchina di “divieto di attraversamento ai mezzi pesanti” del “ponticello” adiacente la Centrale Enel perché non collaudato per l’attraversamento del traffico pesante; inoltre si richiede la bonifica dei terreni “contaminati” dalla WTS prima e da varie altre società subentrate successivamente, ricadenti nelle province di Cosenza e di Potenza in prossimità del fiume Noce; ed infine vi è la richiesta di costituzione di parte civile nei vari processi in corso, come parte offesa, di tutti i Comuni “proprietari del fiume Noce” quali Lagonegro, Rivello, Nemoli, Lauria, Trecchina, Tortora e Maratea, e ricorso al Tar della Calabria per evitare la costruzione da parte della medesima ditta di un capannone lungo 200 metri, largo 50 metri e alto 10 metri che significherebbe l’avvio di una vera e propria attività industriale “al chiuso” in un’area agricola, in parte ricadente nel Parco Val d’Agri – Lagonegrese, caratterizzata inoltre dalla presenza di un Sito di Interesse Comunitario per la difesa della lontra e del lupo. Nella petizione i cittadini ricordano che i dirigenti della ditta WTS, primo gestore del medesimo impianto, sono stati condannati in primo grado dal Tribunale di Paola, perché avrebbero sversato illegalmente in vari terreni lungo il fiume Noce oltre che nel fiume medesimo, circa 33milioni di litri di percolato da discarica, sangue animale da macellazione, e varie altre tipologie di liquidi pericolosi e che nel medesimo provvedimento giudiziario, firmato dal Giudice Fabio Mostarda, con sentenza del Tribunale di Paola depositata in data 23 settembre 2009, Sent. Reg. Trib. 2135/09, risultano condannati in primo grado oltre che i dirigenti della ditta WTS anche alcuni trasportatori di percolato da discarica oltre che alcuni titolari di ditte che collaboravano con WTS; inoltre anche la nuova ditta denominata “Ecologica 2008” , nel 2008 si è vista aprire un procedimento penale n. 2777/08 sempre presso il Tribunale di Paola, secondo il quale procedimento sarebbero stati scaricati illegalmente svariati litri di “rifiuti liquidi non depurati, come il percolato, altamente inquinante, proveniente da siti di stoccaggio e raccolta dell’area campana, calabra e lucana, determinando un danno grave ed irreparabile all’ambiente fluviale e costiero, depositandoli sia su terreni destinati all’agricoltura adiacenti al fiume Noce sia sversandoli direttamante nel medesimo fiume che sbocca nelle acque del Mar Tirreno”; nonostante questi precedenti va ricordato che la ditta “la Recuperi srl”, attualmente in esercizio lungo il fiume Noce, subentrata alla WTS e alle società successive gestori dello stesso solito impianto, venne autorizzata dalla Provincia di Cosenza a costruire un impianto di compostaggio e recupero inerti da ubicarsi nello stesso sito di San Sago, che comporterebbe la realizzazione di un capannone coperto lungo 200 metri, largo 50 metri e alto 10 metri. Per fortuna in seguito si bloccò tutto e ad oggi, marzo 2019 l’impianto è fermo e non crediamo possa riaprire. E questo grazie all’azione ostinata del sindaco Lamboglia coadiuvato da tutte le associazioni ambientaliste della Calabria e della Basilicata. Insomma ci si lamenta di inquinamenti marini, di veleni sparsi sul territorio calabrese, si invoca il turismo per tutto l’anno e poi si autorizzano ditte dal passato quanto meno burrascoso dal punto di vista giudiziario che non garantiscono, pulizia, correttezza nello gestire questi impianti che posti in luoghi così delicati dal punto di vista ambientale necessitano di un riguardo speciale, cosa che appunto non avviene mai.