La storia che racconta Sandro Pezzi, nel giorno dedicato alla libertà, alla liberazione, è da leggere tutta d’un fiato e all’indomani di una celebrazione così importante, abbiamo deciso di pubblicarla integralmente, ritenendo che il coraggio e il messaggio di un giovane, in questo territorio che vive da troppo tempo sotto lo schiaffo della ‘ndrangheta e dei criminali, possa servire a trovare una strada alternativa a quella del silenzio. Un post, un semplice post per spingere chi si occupa di sostenere le attività e gli imprenditori,  a dare un sostegno vero  e concreto.

Vi raccontiamo la nostra storia. Un mattina come tante, 2 proiettili di fucile davanti al Primadì, di cui ero titolare. Io e Michela pensiamo: “sono arrivati”, in fondo ce lo aspettavamo. Il commercio al Sud è doloroso, devi pagare la tangente o devi assumere il parente del boss, devi pagare il boss per avere lo stand in fiera (dal lungofiume alla villa vecchia), devi pagare offrendo da bere al boss , devi pagare per tenere sotto controllo il tuo locale con discutibili agenzie sempre del boss, devi pagare, addirittura, se vuoi vendere del pesce fresco del boss. Noi non abbiamo pagato. Dopo meno di un’ora abbiamo denunciato l’accaduto.

In Questura ci hanno chiesto meravigliati se gli estorsori fossero già venuti a richiedere il pizzo perché normalmente funziona così.

Ti chiedono il pizzo, tu paghi e sei salvo; se non paghi subisci le intimidazioni fino a decidere di chiudere o addirittura di suicidarti. Per noi no, è stato esattamente il contrario. Era un semplice avvertimento: “stiamo arrivando, ora a te la scelta”. E’ un po’ come dire, decidi tu cosa fare. La normalità a Cosenza è questa, scegli semplicemente la modalità di pagamento.

Passano i mesi e pensiamo solo a quello, davanti agli occhi degli amici del bar che ci vedono evidentemente turbati. Ma noi da bravi commercianti, sorridiamo davanti, piangiamo dentro. Passano i mesi, lentamente. Tuttavia, ci facciamo trasportare dagli eventi belli del primadi e dall’allegria travolgente dei nostri clienti. Dopo 6 mesi di nuovo il buio”.

“Era un lunedì allegro, come tanti, al Primadì l’aperitivo, al retrobottega il torneo di burraco.Arriva un tale Domenico Cafiero, per conto di Adolfo Foggetti, a chiederci 1.800 euro da consegnare di lì a 2 giorni. La stessa somma l’avremmo dovuta pagare per ogni festività, pasqua ferragosto e natale. Una somma ragionevole, a detta di molti – scrive Sandro – considerato il successo del locale. Noi non abbiamo pagato. Si trattava, per noi, di un meccanismo perverso, di una somma illogica, insensata e inammissibile. Abbiamo deciso di proseguire per la nostra strada, di ribellarci a questo sistema meschino, pur consapevoli che saremmo stati soli e impauriti. Così abbiamo deciso di denunciare. Difatti, la sera stessa abbiamo avvertito la polizia e l’indomani ci siamo recati in questura per denunciare i fatti e abbiamo consegnato i video – sorveglianza della nostra attività”.

“La vicenda è stata raccontata, con alcune discrasie, da Adolfo Foggetti, nelle sue dichiarazioni da pentito“secondo i miei propositi, il Primadì avrebbe dovuto pagare 1.500 euro a festività. Cafiero si è recato al locale, due volte, a nome mio, la prima volta ha parlato con un lavoratore, la seconda col proprietario. Quest’ultimo ha detto di non avere intenzione di pagare e si è rivolto a XX chiedendogli se era vero che Luca Cafiero fosse un mio uomo. XX, per quanto mi ha immediatamente detto, gli ha riferito che Luca Cafiero non aveva nessun rapporto con me. Da quanto riferitomi da XX ho capito che il proprietario del Primadì non solo non era disponibile a pagare, ma era possibile ci denunciasse in quanto non aveva fatto quello che di solito fanno coloro i quali subiscono l’estorsione, cioè non aveva chiesto un contatto con la criminalità organizzata. Proprio sulla scorta di questa deduzione, ho detto a Luca Cafiero di non insistere nella pretesa estorsiva”. L’ufficio fa presente che il proprietario del Primadì ha denunciato di aver rinvenuto davanti la saracinesca dell’entrata del proprio locale due cartucce di fucile. Foggetti risponde: prima di incaricare Luca Cafiero di parlare con il proprietario del Primadì, avevo dato ordine a Domenico Mignolo di piazzare una bottiglia piena di liquido infiammabile davanti al Primadì. Evidentemente lo stesso Mignolo ha utilizzato le cartucce con finalità intimidatoria”. In realtà noi non abbiamo chiesto alcunché ad XX, in quanto, la sera stessa dello spiacevole episodio, avevamo già avvertito i poliziotti con i quali eravamo in contatto dopo la minaccia dei proiettili.

Fonte ed Articolo completo su Quicosenza, che ringraziamo