Di Francesco Maria Storino. Fonte: Gazzetta del sud

L’omicidio di Alessandro Cataldo potrebbe essere maturato in un cambio di contesto e di gerarchie nella criminalità organizzata di Cetraro. Si torna ad uccidere dopo quasi vent’anni. Il destino era forse già scritto in una città che vive da mezzo secolo tra omertà e silenzi sotto l’ombra di un clan che non conosce pietà. Quarantatré anni dopo Alessandro Cataldo è morto come il padre: ucciso da sicari nella zona portuale. Era il 29 ottobre del 1980 quando Luigi Cataldo di appena 23 anni, tre figli, è stato ammazzato durante un tentativo di rapina nella filiale dell’allora Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, a Cetraro. Era una guardia giurata. Mandanti ed esecutori di quel delitto non sono mai stati trovati. È uno dei tanti casi irrisolti della cittadina portuale dove qualche mese prima, il 22 giugno del 1980, è stato ucciso Giovanni Losardo segretario capo presso la Procura della Repubblica Paola. Per la Calabria e il litorale Tirrenico cosentino erano anni d’oro. L’epoca dei porti, del tessile, della Cesare Firrao, dei conti Marzotto che rilevano la fabbrica Lanerossi di Praia a Mare poi denominata Marlane. Anni in cui la criminalità si è infiltrata nel tessuto sociale per avvelenarlo.
Alessandro Cataldo nel 1980 aveva appena tre anni. La sua vita è cresciuta senza la presenza importante del padre. I primi guai giudiziari per lui arrivano nel duemila quando viene coinvolto prima in Azimhut e poi in Overloading.
L’omicidio. Le pistole a Cetraro sono tornate a tuonare attorno alle 21 dello scorso 9 novembre nei vicoli del borgo marinaro. Accanto a quel porto che avrebbe dovuto rappresentare il simbolo di rinascita di un paese vissuto per troppi anni sotto l’ombra di Franco Muto. E invece. Nulla sembra ancora oggi essere cambiato.

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