Fonte: Gazzetta del sud
I “padroni” della costa. Trentasettenne persone sono state raggiunte da ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip distrettuale di Catanzaro, Giuseppe De Salvatore, su richiesta del procuratore Nicola Gratteri, dell’aggiunto Vincenzo Capomolla e del pm antimafia Romano Gallo. Diciotto le persone finite in carcere (alle altre applicati gli arresti domiciliari o l’obbligo di dimora) con l’accusa di far parte di un’associazione mafiosa riconducibile ai clan Tundis e Calabria attivi nell’area compresa tra Paola e San Lucido.
I provvedimenti restrittivi sono stati eseguiti dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza, coordinati dal colonnello Agatino Saverio Spoto e le indagini condotte dagli investigatori della compagnia di Paola. I delitti contestati sono l’associazione mafiosa, l’estorsione, la tentata estorsione aggravata, il trasferimento fraudolento di valori, la detenzione e il porto di armi e il traffico di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana e hashish).
La consorteria mafiosa imponeva il pagamento del “pizzo” alle imprese impegnate nei lavori pubblici e alle aziende private che lavoravano nel settore dell’edilizia. Non solo: ai clan dovevano pagare dazio commercianti e imprenditori piccoli e grandi operanti nei settori più svariati. Al gruppo dominante dovevano inoltre rivolgersi tutti i pusher della zona, pena gravi conseguenze. Le indagini si basano su intercettazioni ambientali e telefoniche, videoriprese, pedinamenti e non hanno contato sull’apporto significativo di collaboratori di giustizia. Coinvolti nell’operazione anche imprenditori del posto.