Dopo i fatti di ieri, la politica regionale della Calabria è rimasta piuttosto in silenzio, il mare profondo.
Il web si è invece animato pro o contro il governatore Mario Oliverio, con le semplificazioni della “curva” virtuale. Che cosa indichi l’inchiesta di Gratteri, dei suoi e delle Fiamme gialle, resta argomento fuori dell’interesse collettivo.
Molto più comodo parlare del singolo o limitarsi allo scontro delle parti, come vuole, come impone la logica dei social, della rete. Anche per noi giornalisti, vedi Piero Sansonetti, è uguale, sicché spesso riduciamo tutto un lavoro investigativo, non solo dei magistrati, a teorema del complotto.
Nello specifico, secondo Sansonetti, che evidentemente non conosce Nicola Morra, l’inchiesta sugli appalti truccati è funzionale all’elezione del presidente della commissione Antimafia quale governatore della Calabria. Questa la tesi d’avanguardia, che poggia (soltanto) sulla richiesta di dimissioni avanzata da Morra subito dopo la notizia di ieri, data nella prima mattinata da Gazzetta del Sud, del coinvolgimento di Oliverio nell’inchiesta in questione. Morra che cosa doveva dichiarare, secondo Sansonetti?
A guardare oltre la naturale, ovvia dialettica politica (dei commenti), l’inchiesta racconta di certa burocrazia regionale disinvolta e sempiterna, che si adatta agilmente a ogni responso elettorale. Non m’importa sbilanciarmi sull’innocenza o sulla colpevolezza di Oliverio. Non è affare mio: non posso sostituirmi ai magistrati. Ma da cittadino e osservatore posso dire senz’altro due cose: 1) Oliverio ha subito i vecchi dirigenti regionali e li ha lasciati al suo posto; 2) non possiamo per questo giustificarlo e incolpare altri, in quanto il governatore è lui, ed è pure vaccinato.