In nome dei familiari, degli amici e dei conoscenti di Aneliya Dimova, esprimo un forte senso di gratitudine e ringrazio i Carabinieri della stazione di Belvedere Marittimo, i Carabinieri del Comando di Scalea, la Procura della Repubblica di Paola per l’impegno profuso che ha condotto, in breve tempo, a questo primo importante risultato.
Risultato che, se restituisce alla comunità di Belvedere, tanto scossa da questo ennesimo tragico evento, un minimo di serenità, certamente non restituirà Aneliya all’affetto dei suoi familiari.
Don Gianfranco, parroco della chiesa madre della Marina di Belvedere, ha, in varie sedi, stigmatizzato il comportamento di quella parte della comunità di Belvedere Marittimo che, prima che le indagini individuassero un presunto colpevole, ha attribuito responsabilità a persone che nulla avevano a che fare con l’accaduto.
Ebbene, anche in questa successiva fase delle indagini, taluni cittadini di Belvedere fanno allusioni e, questa volta, tentano di infangare la memoria di Aneliya, una donna il cui solo errore è stato quello di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Mi sono giunte voci di commenti, di taluni, poco edificanti sulla persona di Aneliya che tendono a descriverla come persona di facili costumi e/o comunque legata ad ambienti malavitosi.
In coscienza smentisco categoricamente queste voci e informo che, nel caso venissi in possesso di validi elementi probatori, sporgerò formale querela nei confronti delle persone responsabili, per tutelare la memoria di Aneliya.
Si smetta di infangare la memoria di chi non può difendersi, si smetta di quasi giustificare quanto di terribile è accaduto tentando di trasformare in responsabile chi invece è purtroppo la vittima.
Aneliya era una donna che si era ben inserita nel tessuto sociale di Belvedere. Si distingueva per la sua gentilezza, per la sua educazione, per la sua pacatezza, per il suo rispetto verso tutto e tutti. Era molto apprezzata e ben voluta da tutti per la sua semplicità, per la sua disponibilità e per l’attaccamento al lavoro che le permetteva di aiutare economicamente i propri congiunti in Bulgaria.
Questa era Aneliya una donna che non meritava di finire così tragicamente la sua esistenza e che non merita una seconda condanna.
Belvedere Marittimo 01/10/2020 Avv. Eugenio Greco