Di Francesco Frangella (Il Marsili Notizie)
Colpita da un malore mentre era in casa sua, un’anziana donna di Fiumefreddo Bruzio è stata immediatamente trasferita presso l’ospedale “Annunziata” di Cosenza dove, in virtù dello status di Hub territoriale, è presente il reparto in grado di prendersi cura di coloro che dovessero essere colti da episodi di grave entità, qual era – appunto – quello manifestato dalla signora.
Nel caso specifico, trattandosi di una nonnina in età avanzata, la situazione è stata tale per cui i soccorritori, prontamente intervenuti, poco prima del trasferimento presso il presidio del capoluogo, hanno chiesto ai familiari l’eventuale presenza di un quadro farmacologico di riferimento, cristallizzato in una lista di medicinali che i congiunti, non avendola a disposizione in quel momento, hanno rapidamente stilato nella speranza di poterla consegnare agli operatori del pronto soccorso dell’Annunziata.
Perché posta immediatamente su di una barella e caricata sull’ambulanza, la donna è stata portata presso la struttura sanitaria di riferimento per la provincia, dove un’equipe di camici bianchi era già pronta ad accoglierla e dove, tra gli operatori del 118, c’era anche chi attendeva l’arrivo della lista di farmaci necessari a capire la tipologia di trattamenti più idonei a cui sottoporre la paziente.
Partiti alla volta di Cosenza con la propria autovettura e con tutti gli incartamenti inerenti la storia clinica della signora, tra i quali la fondamentale lista di medicinali, i nipoti della malcapitata sono giunti dinnanzi al pronto soccorso pochi istanti dopo l’ambulanza, precipitandosi – come è ovvio – verso il reparto dove c’era qualcuno che stava attendendo le loro informazioni.
Tuttavia, malgrado siano arrivati a pochi metri dalla meta, l’avvocato Carmine Curatolo e sua sorella sono stati bruscamente fermati dal personale di guardia all’ingresso, agenti della security interna al nosocomio che, incuranti della premura con cui entrambi hanno cercato di spiegare le ragioni per le quali necessitavano di parlare con i medici del pronto soccorso, hanno intimato l’alt, iniziando un “feroce” battibecco, culminato con minacce di morte e una tentata aggressione.
A raccontarlo è stato proprio l’avvocato Curatolo che, sulla bacheca virtuale del social network Facebook, ha dato avvio ad una diretta video nella quale ogni circostanza è stata spiegata con dovizia, compresa quella inerente il rivolgimento alle Forze dell’Ordine che, dopo un primo tentativo di minimizzazione, hanno invitato l’uomo a sporgere denuncia.
Il problema, come ha avuto modo di spiegare il malcapitato durante la sua video testimonianza, è consistito nel fatto che proprio il presunto minacciatore, nel corso dell’alterco culminato con l’accarezzamento della pistola custodita nella fondina attaccata al cinturone, avrebbe rappresentato all’uomo l’inutilità di qualsivoglia azione “legale”, visto che – a quanto pare – ogni denuncia già ricevuta in passato non avrebbe sortito alcun effetto nella sua condizione di guardia giurata.
Ebbene, mettendo colpevolmente a margine l’aspetto principale di questa vicenda (consistente nella tutela della salute di una persona probabilmente colpita da ictus e quindi gravemente condizionata nell’autonomia comunicativa), ciò che ancora una volta spiace, è la costante prevaricazione cui sono soggetti i cittadini calabresi allorquando si interfacciano con strutture pubbliche, soprattutto di tipo sanitario.
Sebbene in questa circostanza non si tratti di un errore medico, l’espressione “malasanità” non appare fuori luogo, perché anche l’accoglienza e la disponibilità dovrebbero essere caratteristiche insite ad ogni operatore che figuri come lavoratore di un’Azienda, soprattutto se si tratta di quella Sanitaria Provinciale.
Le guardie giurate, messe in un luogo pubblico senza alcun concorso, a quanto pare non rendono conto del loro operato, ed appare strano che un Ente qual è l’Asl – sempre pronta a deferimenti e radiazioni quando si tratta di dottori, infermieri o OSS – non si sia preoccupata del fatto che, a dare il “benvenuto” alle persone che arrivano col cuore in gola al pronto soccorso, ci siano agenti come il signor “Tonino” (questo il nome che è parso di comprendere all’avvocato Curatolo), sprezzante al punto da dire ad un uomo con una congiunta presa in cura per terapie intensive, che se avesse proseguito con la sua richiesta di spiegazioni, gli avrebbe “staccato la testa”.
Manco fosse Antonio Zequila nel celebre scontro con Adriano Pappalardo, lo “sceriffo” Tonino lo sa cosa vuole dire arrivare trafelati dinnanzi all’Ospedale? E i suoi datori di lavoro, sanno che ci sarebbero già stati episodi similari a quello odierno? Se non è l’Asp ad occuparsi direttamente del comportamento delle guardie giurate, può la società che assunto un soggetto capace di simili azioni continuare a farlo stazionare in un posto dove – per forza maggiore – il contatto col pubblico prevede competenze che non paiono essere appannaggio dell’agente in questione?
Misteri calabresi, dove la pappatoia sanitaria si manifesta non soltanto negli scandali di RSA e tangenti “strutturali”, ma anche con maltrattamenti e vessazioni costanti nei confronti di una popolazione che poi, facilmente, Vittorio Feltri definisce “inferiore”.
Accettare questo stato di cose, purtroppo, rende credibili persino le parole del direttore di “Libero”.
Una cosa aberrante.
Articolo completo e video al seguente link