“Una gestione approssimativa della depurazione”.
Questo quanto emerso dall’indagine della Procura di Paola, che ha portato stamane all’esecuzione di dieci ordinanze di misure cautelari da parte dei Carabinieri del Comando provinciale di Cosenza e dei Carabinieri della Compagnia di Scalea.
Nel mirino degli inquirenti sono finiti gli impianti di Buonvicino e San Nicola Arcella, ma l’indagine proseguirà e si estenderà anche ad altri comuni. È questo solo il primo passo, parola del Procuratore della Repubblica di Paola, Pier Paolo Bruni. Tutto ha avuto inizio nell’autunno 2019, da un esposto, che poneva l’attenzione sull’affidamento diretto sempre “alle stesse ditte” della gestione di un impianto. Per fare un esempio, dal 2012 due milioni di euro, spezzettati in 91 determine i cui importi restavano “sotto la soglia minima per evitare che scattassero altre procedure ad evidenza pubblica”. In poche parole, gli affidamenti diretti, non avvenivano una tantum e secondo il criterio dell’eccezionalità, ma era chiaro che vi fossero “condotte collusive e fraudolente finalizzate ad avvantaggiare uno o più operatori economici”.
“ARCHIMEDE” OSSIA UNA NUOVA TEORIA DEI “VASI COMUNICANTI”
Il nome dell’operazione “Archimede”, pone proprio l’accento sulla teoria dei “vasi comunicanti” che, nel caso specifico, ha voluto mettere in relazione la gestione “approssimativa” della depurazione con gli affidamenti “allegri”, che venivano concessi ad alcune ditte che non avevano neanche molti requisiti minimi per gestire i depuratori.
“Emerge dalle indagini – hanno spiegato gli inquirenti – che taluni imprenditori hanno violato gli obblighi contrattuali assunti con comuni della fascia tirrenica con riguardo ad appalti afferenti la gestione e la manutenzione dell’impianto di depurazione e degli impianti di sollevamento e hanno smaltito fanghi di depurazione senza adeguato trattamento presso terreni agricoli anziché mediante conferimento in discarica autorizzata, talora anche attraverso lo sversamento del refluo fognario in un collettore occulto”.
Ma non è tutto, per abbattere la carica batterica delle acque prima delle analisi, si utilizzavano prodotti ad hoc e anche questi venivano versati “alla meglio”, senza tenere in considerazione gli adeguati dosaggi. Inoltre, l’esecuzione dei controlli e delle analisi veniva preventivamente comunicata al soggetto da controllare da parte di un tecnico dell’Arpacal che, violando il segreto d’ufficio, concordava direttamente con i gestori degli impianti di depurazione le modalità di esecuzione dei controlli, oltre che la scelta del serbatoio da verificare, così determinando una alterazione della genuinità delle analisi effettuate”.
UN’INDAGINE SENZA SOSTA
Un’indagine senza sosta, portata avanti dai militari della Compagnia dei Carabinieri di Scalea, guidati dal capitano Andrea Massari. Grazie alle intercettazioni telefoniche, ma anche alle captazioni ambientali all’interno dei depuratori, sia i Carabinieri di Scalea, che i Carabinieri Forestali di Orsomarso, intervenivano tempestivamente a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Come detto, dieci le misure cautelari emesse nei confronti di tecnici comunali, imprenditori, un sindaco e un tecnico dell’Arpacal. Per quattro persone disposti gli arresti domiciliari; per due la sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio, per due imprenditori invece il divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione. Invece, per il sindaco di San Nicola Arcella, Barbara Mele, obbligo di presentarsi alla Polizia giudiziaria, mentre per Vincenzo Cristofaro, anche assessore di Belvedere Marittimo, è scattato il divieto temporaneo a esercitare l’attività professionale da ingegnere. Questi gli elementi emersi durante la conferenza stampa, tenutasi alle ore 11, alla quale hanno partecipato il Procuratore della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni; il Comandante provinciale dei Carabinieri di Cosenza, colonello Piero Sutera e il Comandante dei Carabinieri della Compagnia di Scalea, Andrea Massari.