Di Francesca Lagatta da “La Lince”

La Riviera dei Cedri non è solo quel posto incantevole di cui tutta Italia conosce le ineguagliabili bellezze, ma è anche purtroppo quel posto dimenticato da Dio e dalla politica, roso dalla corruzione e dallo schiavismo politico, piegata dalla disoccupazione e lavoro in nero, non ultimo martoriata dal dilagante fenomeno dell’uso e abuso di alcool e droga, e dal gioco d’azzardo. Ma se per quest’ultimo abbiamo ormai contezza grazie ai numeri ufficiali diffusi da un sito del gruppo editoriale L’Espresso dove ognuno ha potuto controllare i risultati del proprio Comune di appartenenza, per quel che riguarda alcool e droga non si riescono ancora a quantificare le dimensioni del fenomeno.

 

Quel che è certo che ci sono centinaia di famiglie letteralmente distrutte dall’abuso di alcool e droga e da ciò che ne consegue, quasi sempre violenza domestica. Alcune delle persone che noi siamo riuscite a intervistare nel tempo, ci hanno detto di essere psicologicamente dipendenti dal vizio contro ogni volontà, che hanno cominciato per noia, per disperazione o a volte soltanto per “alleggerire” il peso di una vita che ti nega il futuro. Molti hanno cominciato dopo una storia d’amore finita male, altri dopo aver perso il lavoro all’improvviso. Altri ancora, lo ammettono, hanno cominciato per far parte del branco e sentirsi parte di qualcosa. L’età vai dai 14 (ma non abbiamo sentito quelli di età inferiore) a 99 anni e non c’è alcuna distinzione di ceto sociale. Anzi, per alcuni aver avuto tutto e subito, aver raggiunto apici della carriera e sicurezza economica, ha significato aver perso motivazione ed essere sprofondato nell’angoscia più di altri. Contrariamente, ai giovani immigrati succede che per dimenticare una vita piena di vuoti e umiliazioni, lontano dagli affetti e dalla propria terra, si stordiscano ingerendo sostante di ogni tipo.

Ma il fenomeno interessa maggiormente gli under 35. A Praia a Mare, solo per fare un esempio, la movida notturna era diventata addirittura pericolosa, tanto da costringere gli amministratori ad intervenire drasticamente sulla questione con una serie di divieti, anche se purtroppo servono a poco. Pare che il consumo di alcool avesse messo quotidianamente in subbuglio il centro cittadino, anche con episodi in cui si è sfiorato il dramma.

L’uomo che è nella foto di copertina è un immigrato immortalato ieri da un turista a Scalea, mentre subisce esanime gli effetti di alcool o droga nel pieno centro e in pieno giorno, nell’area frangivento che porta dritto sulla spiaggia scaleota, mentre l’autoradio continua a cantare a tutto volume di fianco all’uomo.

Scene come queste ormai sono all’ordine del giorno. Per le strade si vedono decine di persone barcollare, espletare le proprie funzioni fisiologiche all’aperto, con gli occhi persi di respira ma è morto dentro. Sopravvissuto di una vita che, a conti fatti, una vita non è. Li vedi nei bar mandare giù i litri di birra e liquori, li vedi sfrecciare a bordo di auto malridotte, li vedi mentre si passano le bustine di polvere bianca agli angoli della strada prima di andare a sballarsi. Ma non li vedi mai quando tornano a casa e sfogano la loro rabbia su figli traumatizzati e donne indifese. Ogni tanto si esegue un arresto, quando si può e quando la legge lo consente, quando poi finisce male, quando cacciano fuori i coltelli, le pistole, le mazze di legno, e quando a volte è già tardi. E la sicurezza è sempre più un miraggio.

Gli esercenti, soprattutto quelli dei bar e locali notturni, cominciano ad avere paura. Gestire alcune situazioni è diventata un’impresa, soprattutto perché non si hanno i mezzi per difendersi e si teme per la propria incolumità. L’area dell’alto Tirreno cosentino, di fatto, non ha pace, sotto nessun punto di vista. È un paradiso che somiglia sempre di più all’inferno.

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