Di Antonello Troya
“Se il grado di civiltà di un paese, come scriveva Voltaire, si misura osservando le sue carceri, allora la nostra civiltà è drammaticamente e irrimediabilmente compromessa”
È quanto denuncia l’avvocato penalista Francesco Liserre in riferimento ad un recente caso giudiziario che vede coinvolto un suo assistito di Diamante, indagato del reato di maltrattamenti in famiglia.
“Dal 19 ottobre scorso, ad un uomo di Diamante, GP, già indagato per il reato di maltrattamenti a danno della convivente, veniva sostituita e aggravata l’originaria misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa, con quella più afflittiva della custodia in Carcere, presso la Casa Circondariale di Paola. A seguito del provvedimento cautelare, formalmente ineccepibile e immediatamente appellato presso la Sezione Riesame del Tribunale di Catanzaro, la cui udienza di discussione è fissata per il prossimo 10 dicembre, si squarciava, tuttavia, quel paradossale velo di inquietanti contraddizioni, sintomatiche delle annose criticità di una legislazione penale, populista ed emotiva che, di fatto, si traduce nell’affermazione di una Giustizia sempre più, forte con i deboli e debole con i forti. Infatti, quest’uomo di Diamante, imputato in un processo non ancora iniziato in primo grado e, pertanto, presunto non colpevole, si ritrova, di fatto, da più di un mese, in TOTALE ISOLAMENTO, diurno e notturno, vivendo una condizione carceraria, allucinante e disumana, con tutte le prevedibili e nefaste conseguenze psicologiche, contraria a quella finalità rieducativa, costituzionalmente garantita, che vieta trattamenti inumani e afflittivi della pena che annichiliscano e degradino la dignità di qualsiasi essere umano”. Un trattamento, continua l’avv. Liserre, neanche riservato ai crimini più gravi per i quali, a diverso titolo e nei diversi stati e gradi del giudizio, sono previsti forme detentive di eccezionale rigore quali i regimi di cui agli articoli 41 bis, 14 bis dell’ordinamento penitenziario e l’isolamento diurno, sanzione quest’ultima, prevista per gli ergastolani. Anche a costoro, com’è giusto che sia in uno Stato di Diritto, sono previste, se pur con rigorose compromissioni della relativa libertà, spazi più ampi di quelli riconosciuti al mio assistito, semplicemente imputato e neanche condannato in primo grado, per un reato (per il quale è prevista una pena massima di sei anni di reclusione) che, certamente, non rientra nell’ergastolo ostativo!
Sono circa 40 giorni che il mio assistito è letteralmente sigillato (testuale terminologia utilizzata dai costernati agenti di Polizia Penitenziaria del Carcere di Paola – uomini di grande professionalità e sensibilità ma impotenti dinanzi a questo scempio) in una piccolissima cella senza alcuna possibilità di potervi uscire, ad eccezione dei colloqui con il sottoscritto difensore, per timore delle sicure conseguenze alla propria incolumità, determinate dalla legge carceraria degli altri detenuti, mai codificata ma sempre vigente ed efficiente, che mal tollera le tipologie delittuose da cd “Codice Rosso”. Pertanto, l’avv. Liserre, dopo aver denunciato tale surreale ed allarmante situazione, per iscritto, per ben due volte al Tribunale e, in più occasioni, al Personale della Polizia Penitenziare della Casa Circondariale di Paola, presenterà un dettagliato esposto su tale vicenda al Ministro della Giustizia, al DAP, nonché a tutti gli altri organi istituzionali competenti, affinché la dignità di qualsiasi individuo, indipendentemente dalla commissione e dal definitivo accertamento anche del più efferato delitto, non venga mai sacrificata sull’altare di becere logiche, giustizialiste e populiste.