Era stato beccato, più volte, dai Carabinieri della Stazione di Cetraro Marina, alla guida di un motociclo, nonostante non avesse la patente perché revocatagli dalla Prefettura di Cosenza in quanto sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Per questi motivi, P.I., 35 anni, cetrarese, difeso dagli Avvocati Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri del Foro di Paola, innanzi al Tribunale di Paola, all’esito del giudizio abbreviato, il Giudice Monocratico Sara Cominato, lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’Art. 116 del Codice della Strada e per l’effetto, riconosciute le circostanze attenuanti generiche ed applicata la diminuente per il rito scelto, condannato alla pena di mesi uno e giorni dieci di arresto ed euro 900 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.

Secondo la difesa, invece, bisognava assolvere l’imputato perchè il fatto non sussiste, atteso che il PM non aveva fornito alcuna prova della reiterazione della violazione nel biennio. Pertanto, veniva proposta tempestiva impugnazione alla Corte di Appello di Catanzaro.
Per il Giudice del Tribunale di Paola, l’imputato era stato sorpreso in più occasioni dai Carabinieri di Cetraro Marina mentre si trovava alla guida di un motoveicolo sprovvisto della patente di guida, essendogli stata precedentemente revocata dall’Ufficio Territoriale del Governo di Cosenza. Infatti il 19 febbraio 2020, i militari lo fermavano e, dopo averlo identificato, gli contestavano la prevista sanzione amministrativa. Successivamente, il 14 ed il 21 maggio 2021, P.I., non si fermava all’alt dei Carabinieri, dandosi alla fuga al fine di eludere i controlli giacché sprovvisto di patente e recidivo. Pertanto, a fronte di tali elementi, ed essendo pacifica ed incontestata la mancanza del titolo di guida, l’imputato era stato giudicato colpevole e condannato, non essendo stato offerto alcun elemento che potesse far dubitare della veridicità di quanto attestato dai Carabinieri. Nonostante la difesa lamentava l’assenza di prova della recidiva nel biennio che andava fornita in giudizio dal Pubblico Ministero, per il Giudice “è difficile comprendere che cosa materialmente avrebbe dovuto produrre l’accusa per provare l’intangibilità dell’accertamento”.
Oggi, la Corte di Appello di Catanzaro, Terza Sezione Penale (Presidente Carlo Fontanazza, Consiglieri Abigail Mellace e Barbara Saccà), all’esito della camera di consiglio, lette le conclusioni rassegnate dal Sostituto Procuratore Generale della Repubblica Luigi Maffia che chiedeva la conferma della sentenza impugnata e dei difensori Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri che si riportavano ai motivi di appello, insistendo per il loro accoglimento, decideva di riformare la sentenza di condanna emessa dal Giudice Monocratico del Tribunale di Paola assolvendo l’imputato dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste, con motivazione contestuale. In modo particolare, la Corte, ha ritenuto “fondato il motivo di gravame con il quale si deduce la mancata dimostrazione, da parte della Pubblica Accusa, dell’elemento costitutivo della ‘recidiva nel biennio’, che caratterizza la fattispecie contravvenzionale per cui si procede. Non può non rilevarsi che, come dedotto dal difensore, nessuna dimostrazione è stata fornita dal PM in ordine alla definitività della precedente violazione contestata all’imputato, atteso che agli atti del fascicolo processuale risulta acquisito solo il verbale di contestazione del 19 febbraio 2020 e non, come sarebbe stato necessario, l’esito delle mirate indagini svolte dagli operanti allo scopo di verificare se tale verbale sia stato impugnato e quale sia stato l’esito del procedimento amministrativo avviato nei confronti dell’imputato. Consegue da quanto detto, in riforma della sentenza impugnata, l’assoluzione di P.I. dal reato ascrittogli perché il fatto, in difetto della prova di un elemento costitutivo essenziale, non sussiste.”.

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