Di Francesco Maria Storino. Fonte: Gazzetta del sud.

“Affari di famiglia”: c’è anche uno stralcio dell’inchiesta che riguarda altre posizioni che potrebbero essere giudicate separatamente. Ma non è ancora chiaro se le stesse saranno archiviate oppure si procederà con un altro distinto filone di indagini. Bisognerà capire anche che tipologia di reati potrebbero essere contestati dalla Direzione distrettuale antimafia.Tuttavia tutto è riconducibile all’inchiesta madre che ha debellato un’organizzazione dedita in prevalenza allo spaccio di droga, alle intimidazione e alle estorsioni sul territorio da Longobardi a Paola.

“Affari di famiglia” segna uno spartiacque con le sanguinose guerre di mafia che avevano caratterizzato l’altra inchiesta sulla ’ndrangheta del Tirreno cosentino, “Tela del Ragno”.

Le varie consorterie criminali difatti si sono in questi ultimi anni divise il territorio in una sorta di patto di non belligeranza per tenere fede alle imposizioni dei cosentini. Hanno riposto le armi ma non hanno disdegnalo gli “avvertimenti” affidandosi al fuoco, ai danneggiamenti e alle minacce.

Dall’inchiesta emerge il requisito della “professionalità” e della capacità delle ’ndrine che avevano le basi logistiche in particolare a Paola e San Lucido di rifornirsi stabilmente di liquidità in modo tale da essere sempre pronte a soddisfare le domande di “finanziamento” avanzate dai terzi.

E poi anche i tentativi di coercizione delle vittime invitate a pagare quanto dovuto

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