PAOLA – Una donna di 43 anni, M.F., di Paola (Cosenza), è stata condannata per diffamazione aggravata a mezzo facebook per avere offeso l’onore e la reputazione del giornalista Guido Scarpino, difeso dall’avvocato Francesco Santelli del Foro di Cosenza. L’imputata è stata altresì condannata dal giudice del Tribunale penale di Paola, Sara Cominato, al risarcimento dei danni patrimoniali e non, cagionati allo stesso professionista e al rimborso delle spese processuali sostenute da quest’ultimo.
La parte civile ha dichiarato che devolverà il risarcimento già riconosciutogli dal Giudice penale all’Airc per la ricerca sul cancro, riservandosi di agire innanzi il Tribunale civile di Paola per il ristoro dei danni che, anche in questo caso, saranno interamente devoluti all’Airc.
M.F. è stata riconosciuta responsabile del reato p. e p. dall’art. 595 comma 3 c.p. poiché – si legge nel capo di imputazione – “pubblicando su mezzo idoneo a raggiungere più persone (pagina Facebook) un commento inequivocabilmente riferito al giornalista Guido Scarpino, dal seguente tenore: “…non è uomo chi dietro un articolo (riempipagina) butta fango sugli altri… è uomo chi… trovandosi in determinate circostanze ha le… (concedimelo) palle di metterci la faccia ma dicendo la verità… non nasconderla e assecondare l’operato a dir poco squallido dell’amichetta del momento...” offendendo la reputazione del giornalista professionista del “Quotidiano del Sud”. La feroce e falsa accusa a mezzo facebook andava a minare la quiete familiare di Scarpino in un momento in cui la sua famiglia era fortemente provata per l’ennesimo atto intimidatorio consumato ai suoi danni solo quattro giorni prima (n°2280/14 R.G.), allorquando ignoti gli bruciavano l’automobile Mercedes per un servizio giornalistico a sua firma relativo a fatti di ‘ndrangheta e relativo alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuliano Serpa (qualche anno più tardi gli bruceranno un’altra auto).
All’ultima udienza del processo a carico di M.F., Scarpino aveva peraltro offerto la disponibilità – su pressanti richieste di parte – di rimettere la querela, chiedendo in cambio il versamento di un contributo “simbolico” all’Airc (1.500 euro, poi ridotto a 1.000), ma lo stesso giorno del dibattimento l’imputata – credendo erroneamente che fosse maturata la prescrizione – si tirava indietro, dopo aver offerto, mesi prima, una disponibilità di massima. E così il giudice ha sentenziato.