Di Saverio Di Giorno
Il procuratore Facciolla è esattamente come ce lo si immagina. Sarà forse che era vestito all’incirca come lo si vede sui giornali, o che gli abiti vestono perfettamente le sue movenze, ma è come se non usasse quei filtri e quelle dissimulazioni che si usano nella comunicazione. È una giornata caldissima, tuttavia il mare è vicino quindi c’è una bella corrente. Il procuratore vuole sedersi di fronte al mare e capita, quindi, che mentre risponde e riannoda i fili di vicende passate scruti l’orizzonte.
Per la magistratura corrono tempi difficili, c’è Palamara con le sue chat, le nomine pilotate. E nel bailamme di dichiarazioni e strane fughe di notizie, tutti sembrano avere qualcosa da perdere o da nascondere. Perché non lui? Mi viene provocatoriamente da pensare. Certo una cosa è chiara: se ci sono stati movimenti esterni nella procura di Castrovillari sono serviti a estrometterlo e non a nominarlo, come negli altri casi; e poi in questi mesi è l’unico protagonista a non essere mai apparso sulla stampa. Eppure, sotto i suoi occhi sono passati i più interessanti avvenimenti di cronaca e in Calabria, in qualche modo, è l’epicentro della questione magistratura. Come mai questa riservatezza?
“Attendo che la mia posizione si chiarisca definitivamente nelle giuste sedi. Ormai non manca molto e solo allora racconterò la mia versione dei fatti per come sono avvenuti e avrò l’opportunità di dimostrarlo… è deformazione professionale: non si parla senza possibilità di dimostrare”. E di riferimenti a carte e sentenze, questa chiacchierata sarà piena.
Il punto di partenza necessario è la sua situazione e dal racconto emergono considerazioni interessanti. Il trasferimento avviene essenzialmente per suoi rapporti con Tignanelli, poliziotto in rapporti con il maresciallo Greco, finito al centro dell’indagine Stige per i suoi rapporti con Spadafora, imprenditore in odor di mafia. “I miei rapporti con Tignanelli erano strettamente professionali, ci sono le intercettazioni a dimostrarlo. O meglio non ci sono, dal momento che sono veramente pochi i casi di dialoghi. Ci siamo sentiti al di fuori solo per degli auguri. Leggendo le carte si rimane sbalorditi. Mi si indaga sostanzialmente per la riorganizzazione che ho fatto all’interno della Procura di Castrovillari per quanto riguarda l’affidamento alle aziende che forniscono materiale investigativo (telecamere, microspie ecc.) quando mesi prima in una ispezione per lo stesso lavoro mi si facevano i complimenti. Ci sono coincidenze e anomalie molto particolari in questa storia”.
È una cosa forte. Bisogna approfondire il perché di questa impressione ed emergono particolari che forse un giorno dovrebbero essere approfonditi. “Per lavorare bene su questo territorio occorre prendersi squadre di ragazzi giovani che non abbiano il minimo contatto con il territorio, per evitare di pestare il meno possibile piedi di parenti, amici. In molti casi i rapporti di parentela tra tribunali, procure, agenti e aziende sono inestricabili. Avevo dei bravi ragazzi, collaboratori, tra la polizia giudiziaria e nell’avanzare dell’indagine ci sono state promozioni molto tempestive altrove e poi hanno preso posto in pochissimi giorni, una cosa molto rara”. Vengono in mente altre promozioni fulminee e spostamenti avvenuti in questi territori. E viene in mente anche che andando a controllare il trasferimento (momentaneo) del procuratore Facciolla non avviene nemmeno secondo tutti i protocolli. In effetti stranezze ci sono, ma perché spostarlo? In quei giorni stava indagando sul gruppo Alimentari e sull’oscuro sistema fallimentare, oltre che sulla vicenda Bergamini. Consulenze fantasma pagate migliaia di euro. Un’indagine grossa che arriva a toccare parlamentari.
Anche qui quello che ascolto è solo un insieme di fatti l’uno dietro l’altro. Poi sta a ognuno farsi un’idea. L’indagine portava fino al MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), all’epoca c’era il ministro Calenda (governo Renzi). Bisognava accedere per acquisire alcuni dati ed evidenze investigative. Risulta anche un incontro con alcuni senatori e tale Castano, che ha diretto la task force sulle crisi aziendali nel decennio aperto dalla recessione del 2008. Alcune indiscrezioni circolate parlavano anche di lui tra i nomi in lizza per le grandi aziende. Per inciso, in quelle aziende (ENI, ENEL, Poste ecc.) Renzi ha fatto incetta di poltrone nonostante il suo 3%. Insomma, pare che Facciolla fosse andato a parlare di corde in casa dell’impiccato e come se non bastasse, quando va a riferire al Csm si trova davanti persone che sarebbero poi state al centro della bufera. Altro che indipendenza dei poteri, viene da pensare…
È tra le varie vicende che legano i gruppi imprenditoriali della Sibaritide e i suoi referenti politici (il parlamentare PD Aiello), resta impigliato l’altro procuratore calabrese, Luberto, per aver insabbiato, secondo l’accusa, le intercettazioni. Una vicenda che si lega a doppio filo con le indagini di Facciolla e non è difficile credere quindi al fatto che il ruolo di Luberto fosse emerso già in tempi precedenti rispetto alla denuncia. Ma allora viene da chiedersi perché tanta attesta prima di comunicarlo a Salerno? È una risposta che può arrivare solo dalla DDA di Catanzaro.
In realtà, il procuratore non è sorpreso nemmeno di quanto sta emergendo dalle inchieste di Salerno e dalle indiscrezioni su 15 magistrati indagati. “Scopriamo l’acqua calda e non dico nulla di nuovo”. Questa volta è facile anticipare dove vanno i suoi pensieri: l’ispezione ministeriale di Lupacchini (e ancora prima Why Not) che aveva denunciato le commistioni all’interno della procura di Cosenza. “Forse non tutti sanno che quella relazione circolò parecchio, arrivò anche all’interno delle carceri, ma soprattutto arrivò sulla scrivania dell’allora ministro della giustizia Mastella e lì rimase ferma senza azioni per due anni. Ovviamente la conoscevano anche a Salerno che aveva aperto un fascicolo su input degli ispettori. Addirittura fu notificata la chiusura di indagini a carico di magistrati e avvocati che ritroviamo oggi colpevoli, secondo gli ispettori, di illeciti funzionali e disciplinari e forse reati. Ovviamente era passato troppo tempo tra una fase a e l’altra e nel settembre 2011 dopo un’avocazione si arrivò all’archiviazione. Da quando ho iniziato a interessarmi di criminalità nel Cosentino, ricordo pentiti come Franco Pino che già in tempi remoti e non sospetti parlarono e mi misero in guardia sui problemi che ci sarebbero stati nel toccare il livello misto di salotti buoni e criminalità”. Forse bisognerebbe riprendere quelle dichiarazioni. Le denunce di queste commistioni, in effetti, Facciolla le fece già all’epoca e finirono in un articolo de l’Espresso insieme ad altri intercettazioni tra Franco Pacenza ed Ennio Morrone che tirano in ballo procuratori e politici, tra cui Nicola Adamo.
Nomi che ritornano. Mastella risultava indagato anche all’interno dell’inchiesta di Why Not di De Magistris. C’è una sua dichiarazione circa l’appartenenza a una loggia massonica. Ironia della sorte, anche questa inchiesta passò sotto gli occhi dell’allora giovane Facciolla. Lui e il dott. Lia impugnarono lo storico decreto di proscioglimento, quello riguardante, in buona sostanza il sistema Saladino e il giro di lavori pubblici. Genchi ha recentemente dichiarato che Bossio e Adamo in proposito si rivolsero ai buoni uffici di alcuni magistrati. Facciolla aggiunge: “Quell’impugnazione per associazione a delinquere fu accolta dalla Cassazione e ricordo che a Roma incrociai Minniti. Era interessato alle vicende calabresi e riconosceva la difficoltà di indagare in Calabria. Ricordo che si mise a completa disposizione”.
I ricordi e i racconti si susseguono tumultuosi. Come se seguissero il moto delle onde che guarda. Nomi, eventi, date, carte, davvero un oceano sconfinato … come si può non sentirsi affogati in questo rincorrersi di eventi sempre uguali da anni? Come si esce fuori? È vero che ora, come stiamo scrivendo, sta venendo meno una serie di appoggi e per questo si possono provare vicende finora passate sotto silenzio? Come si può altrimenti guardare l’orizzonte con tutto ciò in mente.
“Indubbiamente ora una rete si sta sfilacciando. È una transizione storica, ma finché resteranno queste dinamiche ci saranno sempre informazioni da poter usare per bloccare tutto o una parte e che una nuova rete può usare per inserirsi. Ho l’impressione che sta sfuggendo dalla vicenda Palamara il fatto che le nomine pilotate dei direttivi non servono solo al potere delle correnti, ma servono perché chi viene nominato poi deve rispondere a chi l’ha nominato. Rispondere alle chiamate in ufficio, a casa, ai favori. Questo è il sospetto grave e inquietante, non le singole chat o invidie personali. Ad un certo punto alcuni colleghi diventano più impeditivi delle minacce dei criminali, ma sono cose che ripeto da anni” – Ma quindi come se ne esce? – “Ora l’unica soluzione sarebbe avere una nuova legge elettorale e poi sciogliere il Csm e riformarlo, altrimenti non cambierà nulla”.
Ci si è davvero allontanati molto in questo racconto, ma tuttavia un ultimo passaggio vale la pena farlo, perché tra le inchieste del procuratore Facciolla alcune riguardano anche il clan Muto. È passato poco tempo dal ricordo dell’omicidio Losardo e molte delle vicende riguardanti il clan sono tutt’ora oscure, tra cui molti omicidi. Un buon modo per ricordare questi uomini è fare passi in avanti nella verità e chissà che non è utile anche ad aprire un piccolo faro su questo lato del territorio: “Ho fatto rilegare le indagini riguardanti il clan, andrebbero studiate come storia. Per imparare. Ricordo che quando c’era da abbattere una pescheria abusiva, con il procuratore Emanuele non si riusciva a trovare una ditta disposta a farlo. L’unico modo fu organizzare un grande evento in pompa magna. Un potere simbolico e pratico. In tutti i procedimenti ci sono stati impedimenti o cavilli che hanno ridotto o evitato le pene. Ci furono anche collaboratori che parlarono di giudici compiacenti a Bari, ma nessuno ha approfondito. In una perquisizione trovammo una foto che ritraeva la famiglia Muto con un allora parlamentare DC calabrese alla sua festa di compleanno”. Sono gli anni ’80 o giù di li. Le commistioni tra criminalità e Stato hanno radici lunghe e profonde.
Quando la fiducia nelle istituzioni è al minimo, non resta che quella nelle persone. D’altra parte queste vicende si intersecano con quelle personali, di quando da studenti, in anni caldi di militanza politica, c’erano futuri politici che facevano cordoni e occupazioni e si scontravano con chi era dall’altra parte della barricata, studente di legge. Ma una cosa è stare da due parti diverse della barricata politica, un’altra è essere contrapposti nella barricata della legge e allora come oggi c’erano colleghi che questa barricata l’attraversavano in un senso e nell’altro e che poi ne avrebbero attraversate altre. Non resta altro quindi che rimanere ai propri posti, in trincea perché altrimenti a furia di guardare questo bel mare con il suo orizzonte viene la voglia di prendere il largo, di andarsene.
Saverio Di Giorno