Di Saverio Di Giorno

Le emergenze, le necessità giustificano ogni cosa, ma sono un pericolo per la democrazia. I calabresi, che sono in stato di emergenza da tempo immemore, lo sanno bene e lo sanno anche le organizzazioni criminali, per questo da qui in basso può arrivare un piccolo insegnamento. Un esempio: quando Conte ha attaccato in diretta Salvini e la Meloni molti hanno goduto internamente. “Godo come un riccio appena nato da poche ore” avrebbe detto Matty il biondo e anche chi poi, a mente fredda, ha fatto notare che è stato uno sgarbo istituzionale che poteva essere evitato. La verità poteva essere ristabilita senza un attacco. In democrazia, le opposizioni sono sacre, soprattutto le attuali che hanno un rapporto diretto con il cuore immacolato della madonna.
Quel senso di goduria solletica gli istinti prevaricatori e autoritari in ognuno di noi. E la democrazia è un lavoro di resistenza continua. Evitare che la verità e la necessità (concetti pericolosissimi nella Storia) giustifichino comportamenti che, diversamente, normalmente, avremmo evitato. D’altra parte, la normalità non è che la figlia illegittima dell’abitudine e l’uomo alla lunga si abitua a tutto. Cambia.
In Calabria lo stato di perenne emergenza è voluto. Basti pensare a problemi come il continuo dissesto idrogeologico, la questione dei rifiuti, i trasporti e qualsiasi altra cosa a caso che vi venga in mente. Non a caso, sono quasi tutte deleghe del super funzionario megagalattico, di fantozziana memoria, Pallaria. Qual è lo scopo? In questo modo tutti i provvedimenti (si legga affidamenti ad aziende opache) e tutti i ruoli (si legga nomine dirette senza controlli) possono evitare controlli e riflessioni. È necessario!
Le migliori riorganizzazioni, le organizzazioni criminali, le hanno avute dopo dei disastri enormi: basti pensare alla Camorra dopo il terremoto del 1980 o più indietro alla mafia dopo il terremoto di Messina del 1908. E questo pare essere proprio un disastro peggiore rispetto a quello della crisi economica del 2008

Nel grafico a sinistra: linea gialla il crollo della Borsa nei primi giorni della pandemia, la linea blu quello in seguito al 2008.
A destra il Pil dopo il 2008 (in blu) e le previsioni per quanto riguarda quest’anno (in giallo)

L’economia e l’organizzazione criminale ha dimostrato nel tempo di essere molto più “elastica” di quella legale, troppo rigida (meno resiliente si dice) e pronta a spezzarsi con uno shock. Paradossalmente, l’economia illegale è più forte, assorbirà meglio il colpo.

De Raho, Gratteri e tutti i pm hanno messo l’attenzione sul fatto che la povertà farà aumentare gli episodi di usura e acquisizione di piccole banche o attività in difficoltà per il riciclaggio. Questo è un problema che riguarderà il lungo periodo e paradossalmente più il nord che il sud. Al nord si ricicla (Italia ed Europa). È un film che abbiamo già visto, appunto, dopo la crisi. Al sud le mafie ormai agiscono a un livello più alto e non hanno bisogno di aspettare l’arrivo dei fondi quando possono dirottarli. Ci sono altri punti su cui porre subito attenzione:

  1. Su chi gestirà questi fondi bisogna accendere i riflettori subito. Anche questo è un film già visto: “A mio parere non è stato casuale che il Caridi sia stato individuato quale assessore alle Attività Produttive. “A tal proposito la invito ad analizzare i progetti legati alla gestione dei fondi comunitari per capire chi è stato avvantaggiato dal Caridi e dalla Fincalabra” (la società in house attraverso cui la Regione Calabria gestisce i finanziamenti europei e che ora gestisce i primi 150 milioni per il piano emergenza della Calabria). Questo si legge negli atti della maxi inchiesta Gotha. Meccanismi già visti.
  2. La sfrenata voglia di ricostruzione e rilancio che già serpeggia, sempre dettata dalla necessità. Qualcuno (Renzi e Salvini), già propongono di azzerare il codice degli appalti e far ripartire tutto con i cantieri sulle grandi opere. Sarebbe manna dal cielo per la ’ndrangheta che ha già messo le mani – stando alle informazioni nuove – sul megalotto della 106. Il codice egli appalti sarebbe presto derubricato a burocrazia inutile e la grande opera urgente per l’economia provata della Calabria.

I discorsi sulle garanzie democratiche non sono vecchi e polverosi discorsi di soloni chiusi nei loro salotti. Toccano la vita delle persone. Usciti da questa emergenza saremo pronti a negoziare molte più cose che prima ritenevamo inamovibili; abbiamo rinunciato a molte cose che si ritenevano irrinunciabili e lo spirito poliziesco e autoritario che già serpeggiava ora è venuto fuori prepotentemente (persone che filmano e denunciano i vicini o insultano chi esce) e i governatori e gli amministratori che lo usano sono elogiati. D’altra parte i crimini sono diminuiti, la sicurezza è di più e persino l’aria è più bella. È un discorso pericolosissimo.

Giustificare tutto questo significa ammettere internamente di non credere che i propri vicini siano responsabili, non fidarsi di nessuno. La storia oltre a farci sempre dubitare delle parole verità e necessità ci insegna che quando a queste due parole si associano povertà e crisi il mix è perfetto per una deriva autoritaria. E sappiamo già che la ‘ndrangheta veda di buon occhio queste forze e i loro investitori esteri e quanto abbia gioco facile in un’Europa debole.

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